La Uefa sbarca a Roma per parlare di lotta al razzismo. E il grande assente è l’Italia, o meglio chi avrebbe dovuto rappresentarla: Carlo Tavecchio. Il numero uno della Figc ha preferito non farsi vedere. Nonostante il convegno (un po’ retorico ma molto prestigioso) venisse organizzato per la prima volta nel nostro Paese, nonostante la Federazione fosse promotore dell’evento, nonostante il Grand Hotel Parco dei Principi, sede della conferenza, distasse appena qualche centinaia di metri da via Allegri e dalla casa della Figc.
Tavecchio ha scelto di non partecipare alla quarta edizione di Respect diversity, convegno che ha riunito oltre 200 delegati Uefa da tutto il continente, capeggiati ovviamente dal loro “re”, il presidente Michel Platini. Ancora troppo forte l’eco delle polemiche per la gaffe su Optì Pobà e di ciò che ne è seguito. In particolare, pesa sulla testa del nuovo capo del pallone italiano l’inchiesta per “presunti insulti razzisti” aperta dall’Uefa e tutt’ora in corso. Negli scorsi giorni Tavecchio ha ribadito le sue scuse al mondo del calcio, scrivendo anche una lettera aperta alle 53 federazioni che fanno parte della massima associazione calcistica continentale. Ma essere presente oggi, probabilmente, sarebbe stato poco opportuno. Meglio evitare e attendere almeno la conclusione dell’indagine.
Il disagio, allora, è tutto dell’Italia, senza vere figure di riferimento nel convegno odierno. Oltre al presidente federale, infatti, mancava anche il suo grande “sponsor” e principale consigliere Claudio Lotito, nonostante l’ubiquità degli ultimi giorni che ha scatenato l’ilarità del web. C’erano Giancarlo Abete (che mantiene un ruolo nell’esecutivo Uefa ma della Figc ormai è solo l’ex presidente) e Antonello Valentini (dg che non dovrebbe far parte della prossima squadra di governo), due figure della gestione passata. Al posto di Tavecchio, la Federazione ha mandato il suo vice Maurizio Beretta (il cui vero ruolo, però, è quello di presidente della Lega calcio). La funzione di rappresentanza è stata svolta soprattutto da Fiona May, famosa, bella e di colore: una carta che Tavecchio probabilmente si giocherà spesso in tema di razzismo. Ma un consigliere all’integrazione non basta a riempire il vuoto lasciato dal presidente.
Chi invece ha vestito i panni dell’ospite d’onore è Andrea Agnelli, invitato e applaudito per parlare delle “buone pratiche” antirazzismo della Juventus. Proprio lui, nemico numero uno di Tavecchio nel corso dell’ultima campagna elettorale, di cui è stato il grande sconfitto. E grande amico di Michel Platini. Il presidente dell’Uefa ha preferito evitare le polemiche sul caso Tavecchio: “Le parole di chi è diventato presidente della Figc (Platini non lo nomina nemmeno, nda) sono riprovevoli, hanno provocato sdegno e stupore. Ma è stata aperta un’inchiesta su cui sarà la disciplinare a decidere, io non ho altro da aggiungere”. Un dribbling secco ed elegante, come quando giocava in campo. Ma l’imbarazzo resta. Perché un’assenza, a volte, può far discutere più di una presenza. In tal senso non hanno avuto dubbi democratici Khalid Chaouki e Laura Coccia, secondo cui “l’imbarazzante assenza costituisce un’umiliazione per l’Italia e per il calcio italiano ed è, in sè, una sconfitta in tema di lotta al razzismo“. Non solo. Per gli esponenti del Pd “viene da chiedersi dove sia finita la credibilità della guida del calcio italiano”.