Chi di noi non ha mai passato o copiato un compito in classe? Quattrogatti.info, in collaborazione con i Global Shapers di Roma, ha approfondito questo tema in questo suo ultimo lavoro dedicato al cheating, ovvero l’imbroglio scolastico. Se l’inquadramento degli insegnanti e l’organizzazione gestionale sono al centro della proposta di riforma dell’istruzione del ministro Giannini, noi invece preferiamo parlare dei ragazzi: come intende affrontare il governo il fenomeno della disonestà scolastica?
E’ una tematica importante perché i valori acquisiti a scuola sono quelli che ci guidano da adulti, quando ad esempio ci troviamo a decidere se pagare il biglietto dell’autobus, oppure evadere o meno le tasse. Così almeno sostiene un filone della letteratura psicopedagogica. A ciò si aggiunga che se i risultati degli esami svolti dai ragazzi sono regolarmente distorti da cheating è difficile per il Miur e altri delineare politiche per migliorare la qualità dell’istruzione. E’ altrettanto difficile assegnare con criteri di merito posizioni accademiche e professionali se non sono affidabili i risultati dei test che valutano i ragazzi.
Il cheating è altamente diffuso in tutta Italia: 2 liceali su 3 hanno copiato almeno una volta. Lo dimostrano sondaggi svolti tra gli studenti e insegnanti – attuati, ad esempio, da Marcello Dei, professore presso l’Università di Urbino. Ad avvalorare questa ipotesi, le valutazioni Invalsi degli ultimi anni sono state così gravemente affette da episodi di imbroglio da parte degli studenti e sabotaggio da parte degli insegnanti, che l’istituto di Frascati ha sviluppato un indicatore di cheating per misurare il fenomeno.
Proprio grazie a questo indicatore è possibile mappare il fenomeno e scoprire che è geograficamente molto concentrato: il cheating in 20 province del Sud negli ultimi tre anni è stato circa 4,5 volte più diffuso di quanto lo sia stato nelle 20 provincie più virtuose – tutte al Nord.
E’ un dato allarmante che tuttavia potrebbe non stupire molti. Invita a riflettere su domande più vaste. Ad esempio: il cheating è un fenomeno culturale? E’ causato da (o causa di) una minore presenza di capitale sociale – ovvero livelli di coesione e fiducia nelle istituzioni – che caratterizza il Meridione? Il fatto che il cheating nei test Invalsi tenda a verificarsi maggiormente in quelle zone dove vi è una partecipazione elettorale più bassa suggerirebbe di sì.
Forse, più banalmente, il cheating è sintomo di scarso benessere socio-economico e quindi di una maggiore necessità di ottenere voti alti. La nostra analisi suggerisce una forte correlazione tra i due fattori.
Ma ancora più semplicemente, possiamo notare che il cheating avviene in misura maggiore laddove i ragazzi ottengono voti più bassi a scuola. Sarebbe interessante capire se i ragazzi copiano perché meno capaci o se sono meno bravi perché copiano.
Tra le varie altre possibili spiegazioni, vi è quella che i sistemi valutativi delle scuole e dell’Invalsi siano distorsivi o iniqui, costringendo così ragazzi e insegnanti a imbrogliare. Infatti, il cheating avvenuto durante le prove Invalsi è stato in gran parte una forma di boicottaggio.
Il 15 settembre inizia la consultazione pubblica #labuonascuola, che permetterà a studenti, docenti e genitori di dire la loro sulla proposta di riforma. Se è vero che la lotta all’imbroglio scolastico può formare cittadini più rispettosi delle regole, è giusto che il cheating sia al centro del dibattito.
di Lorenzo Newman