Quattromila euro circa a Stefano Bonaccini. Cinquemila e cinquecento a Matteo Richetti. Sono queste le cifre che la Procura di Bologna contesta per l’inchiesta “spese pazze” in Regione al responsabile Enti locali e al deputato del Partito democratico. I rimborsi “sospetti” riguardano diciannove mesi di mandato nel consiglio regionale dell’Emilia Romagna: cene, pranzi e rimborsi chilometrici che secondo i pm non sarebbero consoni con l’attività politica. Tra le spese contestate a Richetti ci sarebbero anche due notti in albergo a Riva del Garda, circa 500 euro in tutto, in due distinte occasioni.
Le indagini sono quasi giunte al termine e nelle scorse ore era è trapelata la notizia del coinvolgimento dei due candidati alla corsa per le primarie del centrosinistra. Il parlamentare solo ieri mattina aveva fatto un passo indietro, anche se in quel caso i motivi erano essenzialmente politici: pressioni da Roma e uno scontro all’ultimo voto con un altro renziano doc. Bonaccini invece, nonostante le voci di indecisioni e tentennamenti, ribadisce l’intenzione di continuare la campagna elettorale. Per questo nel pomeriggio, il segretario Regionale si è presentato in Procura a Bologna ed ha chiesto di essere sentito dai pm. Richetti invece, con il suo legale Gino Bottiglioni, valuterà nei prossimi giorni se farsi interrogare.
“Si tratta di spese abbastanza modeste”, ha spiegato invece l’avvocato di Bonaccini ai cronisti, “parliamo di qualcosa come 200 euro al mese. Durante il colloquio sono state date tutte le spiegazioni e credo siano risultate pienamente convincenti”. Il responsabile Enti locali della segreteria nazionale Pd ha ribadito l’intenzione di correre alle primarie: “Ero sereno prima”, ha commentato uscendo dalla Procura, “e sono ancora più sereno adesso. Perché penso che abbiamo potuto dare spiegazioni per qualsiasi eventuale addebito”. E ha poi aggiunto di essere “determinato a proseguire perché so come mi sono sempre comportato in questi anni”.