Martedì mattina Stefano Feltri – responsabile dell’inserto economico de il Fatto Quotidiano – mi conferma l’articolo che dovrò illustrare. Devo consegnare il mio disegno entro il pomeriggio.
L’articolo è di László Andor, Commissario europeo, il quale auspica a un regime di base di assicurazione contro la disoccupazione nell’Unione Europea. Proprio la settimana prima avevo illustrato un articolo della Cipollone che toccava lo stesso argomento.
Ronzo intorno al tavolo in cerca di un’idea che non sia la stessa della settimana scorsa e d’un tratto mi torna in mente che le idee si trovano sulla carta, non intorno ai tavoli. Quando sono a corto di idee abbozzo visivamente le parole chiave del pezzo: un cerchio stellato dell’Ue, il simbolo dell’euro, un lavoratore armato di martello, un altro più moderno con un computer, una botte di ferro (una cosa più stupida non potevo inventarmela…) ma sono solo schizzi per muovere i primi passi.
Arrivo a un albero blu in mezzo al deserto con dodici mele gialle appese che formano un cerchio. L’immagine richiama la bandiera europea. Sulla destra aggiungo un omino affamato che si trascina. Non è un’immagine eccezionale ma almeno è un’immagine.
L’albero e il blu mi fanno pensare all’acqua. Allora immagino che l’uomo potrebbe trascinarsi verso un lago blu su cui si riflettono le stelle. Sembra buona, ma c’è un problema: devo tenere un formato verticale. L’albero è un elemento verticale quindi lo inserisco facilmente nello spazio che ho a disposizione mentre l’acqua nelle nostre teste è un elemento orizzontale. Mi tocca verticalizzare l’acqua.
Una cascata.
Faccio in modo che la cascata nasca da una struttura che ricorda un banca e la adorno di stelle che ricordano l’Europa e al contempo danno un tocco magico alla visione, come fosse un miraggio dell’uomo assetato nel deserto.
Mi sembra che ci siamo ma voglio riprovarci con l’albero. Tento un’inquadratura dal basso: siamo ai piedi dell’albero, vediamo il suo fogliame stagliarsi contro il cielo, tra le foglie crearsi dei piccoli varchi a forma di stella. Stelle di cielo che emergono dal fogliame.
Bello. Ma ho un formato troppo ridotto perché stelle e foglie non diventino un tutt’uno indistinguibile, inoltre quella prospettiva stride con la frontalità della pagina del giornale. Sto perdendo minuti preziosi, inoltre mi sto allontanando dall’articolo di Andor. Affezionarsi troppo a un’idea è rischioso.
Torno alla cascata. Disegno un’atavica e imponente costruzione in grossi blocchi di pietra su cui scorrono rigoli d’acqua. Ha un che di eterno. Disegno il mio uomo assetato e aggiungo le orme dei piedi per accentuare la fatica della camminata.
Metto via il blocco schizzi, accendo il computer, preparo la mia tavoletta grafica e metto un po’ di musica per concentrarmi.
Parto col disegnare l’enorme struttura ma vuoi per la musica, vuoi perché 2001: Odissea nello Spazio è uno dei miei film preferiti, vuoi perché sono in fase Arthur C. Clarke (lo scrittore del romanzo da cui è tratto il film), abbatto l’enorme struttura ed edifico un monolito in mezzo al deserto. Dalla sua sommità potrebbe sgorgare acqua e colare lungo la parete. Sembra vada bene ma questo monolito è troppo oscuro per simboleggiare l’Europa…Devo umanizzarlo un po’. Ma come fare?
Lo costruisco con dei blocchi di pietra blu, come se fosse opera dell’uomo.
Guardando il disegno immagino l’acqua che invece di sgorgare dalla sommità esce tra una pietra e l’altra. Questo lavoro è fatto così: un’idea suggerisce un’altra idea e un’altra ancora.
Mi manca solo l’uomo. Disegno una sagoma nera in controluce. Tutto sommato funziona sia nella composizione che nel colore ma c’è qualcosa che non torna.
Mi piace dare un tono alienante alle mie immagini e creare contrasti tra gli elementi, come se ciascuno arrivasse da un mondo diverso. Decido di imbiancare l’uomo e dargli un carattere più luminoso e alienante e mentre spruzzo un po’ di ombra sul suo corpo avverto la compagnia di Karel Thole. Mi piace prendere coscienza dell’influenza di un altro artista mentre disegno. Si crea una sorta di corto circuito tra dimensioni diverse. Per me l’influenza non è un semplice copiare o ispirarsi a, ma entrare in un dialogo intimo con un’altra persona. È un momento molto personale e molto prezioso del processo creativo.
Aggiungo qualche ritocco e firmo il mio lavoro.
Così, dopo un po’ di ronzio attorno a un tavolo e un po’ di bozze tradite, nasce una mia illustrazione.
Ci rivediamo su questo blog la settimana prossima.