Sul blog gradozero di Claudio Gatti si può leggere come l'ex ad il 3 aprile 2014, in un’audizione presso la Commissione Industria "aveva negato con grande fermezza di aver mai parlato al lobbysta del campo petrolifero nigeriano OPl-245. "Eppure tre anni prima, nella sua deposizione avanti al pubblico ministero di Napoli che indagava sulla cosiddetta vicenda P4, lo stesso Scaroni aveva invece ammesso di aver parlato con il suo amico Bisignani della vicenda OPL-245".
C’è anche Luigi Bisignani nel registro degli indagati nell’inchiesta sulla presunta maxi-tangente da 1 miliardo e 92 milioni di dollari che sarebbe stata pagata da Eni per l’acquisto della concessione del giacimento petrolifero ‘Opl-245’ in Nigeria. Il lobbysta avrebbe avuto un ruolo di mediatore. Sul blog gradozero di Claudio Gatti si può leggere come l’ex ad di Eni, Paolo Scaroni, il 3 aprile 2014, in un’audizione presso la Commissione Industria del Senato “aveva negato con grande fermezza di aver mai parlato a Bisignani del campo petrolifero nigeriano OPl-245. Eppure tre anni prima, nella sua deposizione avanti al pubblico ministero di Napoli che indagava sulla cosiddetta vicenda P4, lo stesso Scaroni aveva invece ammesso di aver parlato con il suo amico Bisignani della vicenda OPL-245”.
Un particolare non da poco visto che gli atti dell’inchiesta ci sono, oltre a scambi di e-mail, anche alcune intercettazioni tra Bisignani – che avrebbe avuto un ruolo da mediatore nell’affare, assieme al procacciatore d’affari Gianluca Di Nardo (indagato) – e Descalzi, l’attuale ad indagato per corruzione. “Ho avuto solo modo di segnalare anni fa all’Eni un’opportunità che mi veniva rappresentata – ha spiegato Bisignani – e che è stata peraltro accantonata e sono quindi rimasto assolutamente estraneo ad ogni trattativa e a qualsiasi tipo di accordo e di remunerazione”. E la Procura di Milano ritiene che Eni abbia trattato l’affare OPL-245 con Emeka Obi, mediatore socio di Gianluca Di Nardo, a sua volta associato a Luigi Bisignani, entrambi i quali hanno ammesso che avrebbero “lucrato una mediazione”.
La cui fetta più consistente della mega bustarella, circa 800 milioni, sarebbe stata ripartita tra politici e intermediari africani, mentre la restante parte, circa 200 milioni, sarebbe stata destinata a mediatori e manager italiani e europei. I pm Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro sono anche riusciti a bloccare una parte della presunta ‘maxi-stecca’, circa 193 milioni di dollari. Gli inquirenti, infatti, hanno chiesto e ottenuto nei mesi scorsi il sequestro in Svizzera di circa 110 milioni e ieri le autorità inglesi, sempre su richiesta della Procura, hanno ‘congelato’ altri 83 milioni. Eni, indagata in base alla legge sulla responsabilità amministrativa degli enti, ha voluto ribadire “la sua estraneità da qualsiasi condotta illecita”, assicurando la “massima collaborazione alla magistratura”.