Gente che non parla inglese sono i nostri padroni.
Ci dicono cosa fare ma non hanno alcuna idea di cosa fare.
Johnny Demosten, Saipem Canada
Eccoci qui – altre storie horror della Sapiem in Canada.
Leslie Jennings è un fabbro e lavorava come supervisore presso l’impianto di trattamento petrolio e affini “Husky Alba” in mano alla Saipem, filiale Eni, fino a poche settimane fa. Perché lavorava e ora non più? Perché si è licenziato a causa della scarsa sicurezza dovuta all’impiego di personale non qualificato, che non parla l’inglese e che non sa gestire macchinari e strumentazione altamente pericolosa. E visto che il supervisore era lui, ha deciso di abbandonare piuttosto che dirigere personale non adatto alle mansioni da svolgere.
“Quando arrivano lavoratori che non sono qualificati è solo una questione di tempo prima che qualcuno ci lasci le penne”. “Siamo arrabbiati e sconvolti” gli fa eco il suo collega Johnny Demosten in riferimento al fatto che molti degli stranieri spesso improvvisano, portando in più occasioni ad un passo da scoppi ed incidenti.
Un altro degli ispettori Ryan Slade, dice: “All’inizio pensavamo di essere parte di qualcosa di grande, adesso invece siamo solo parte del casino”. L’ispettore Slade dice di avere allertato più volte i manager in merito ai vari errori commessi da questi operai non qualificati. Per tutta risposta, i manager della Saipem gli hanno detto di smetterla: “Guarda, noi già lo sappiamo – non segnalare più”.
L’impianto Husky Alba, a 60 km da Fort Mc Murray, nello stato dell’Alberta, appartiene alla Husky Energy, un colosso petrolifero canadese. La Saipem è il contrattore generale e ha portato qui circa 344 operai stranieri. In alcuni casi, gli stranieri hanno preso il posto dei canadesi. Non solo molti di questi non sono qualificati a svolgere i lavori, ma il progetto è in ritardo e i costi hanno superato i preventivi.
La Saipem dice che non può commentare queste accuse di scarsa sicurezza ma che il tutto è “fuorviante”. Dall’Italia, la portavoce Erika Mandraffino dice che la sicurezza “è una priorità nel sito Alba” e che la Saipem presta continua attenzione alla “sicurezza e alla formazione di tutti i lavoratori”. Dice anche che la Saipem rifiuta “qualsiasi rivendicazione di qualsiasi correlazione tra le presunte violazioni di sicurezza e qualsiasi gruppo di operai sul cantiere.”
Sarà. Ma molti stranieri sono arrivati in Canada senza certificazioni necessarie. Secondo la legge, questi operai hanno un anno di tempo per ottenerle superando degli appositi test. Secondo Leslie Jennings, il fabbro che si è licenziato, questi lavoratori – test o non test – non sono minimamente qualificati. Lui li metteva a spalare la neve, perché di meglio non sapevano fare.
Ma anche quando fanno il test, la maggior parte degli operai stranieri non riesce a superarlo, per mancanza di competenza tecnica o perché non conosce l’inglese. Invece che essere rimandati a casa, restano sul posto di lavoro, magari sperando in una seconda chance. Jennings è particolarmente duro con la Saipem, perché sebbene lui avesse specificato che 15 di questi operai non fossero qualificati, la Saipem li ha certificati lo stesso usando il nome e il cognome di Leslie Jennings come supervisore che approvava. La Saipem si è poi scusata, dicendo – in un sms! – che era stato un errore.
Ora, è evidente che il nord America sia stato costruito sull’immigrazione, e non credo che nessuno ce l’abbia con gli stranieri in generale, ma ci sono delle regole da seguire, e non è che ciascuno – Saipem inclusa – posa fare un po come gli pare.
Le leggi canadesi (e americane) sono chiare: puoi portare lavoratori dall’estero nel paese solo se non riesci a trovare personale qualificato in loco. E’ per questo che è praticamente impossibile venire a lavorare (legalmente) nei paesi del Nord America senza un titolo di studio avanzato, senza un coniuge che ti sponsorizzi o senza l’impegno di investire capitale nel paese per creare occupazione (non mettere in banca, investire per creare lavoro). Negli Usa il capitale richiesto è di un milione di dollari, la metà in zone rurali. E quindi è più facile passare per l’università o sposarsi che non venire qui a fare il ragioniere per esempio.
Per portare questi stranieri in Canada, quindi, la Saipem avrebbe dovuto dare prova al governo federale di non poter trovare personale canadese qualificato per i suoi impianti in Alberta. E ci hanno provato a fare queste richieste. Ma il governo non gli ha creduto. L’agenzia governativa “Employment and Social Development Canada” ha infatti respinto ben nove richieste consecutive della Saipem di assumere operai dall’estero dicendo che la ditta non era riuscita a dimostrare che c’era mancanza di personale canadese.
E cosi la Saipem ha trovato altre strade – la proverbiale arte di arrangiarsi. Ha fatto emigrare alcuni dei suoi lavoratori usando un cosiddetto visto per “trasferimento intraaziendale” o usando progetti sperimentali.
Non è la prima volta che la Saipem e la sicurezza stridono. Anche da questa pagina abbiamo ricordato la storia delle false certificazioni Saipem. Non è successo niente, che io sappia. In Canada invece appena queste accuse sono diventate pubbliche, la Alberta Federation of Labor ha chiesto una indagine approfondita sull’impiego di operai stranieri da parte della Saipem nel sito Husky Alba. Secondo il ministro dell’immigrazione, Chris Alexander, i visti porrebbero essere revocati.
Ma la Sapiem ci è abituata a lavorare un po’ libertinamente. Qui la piattaforma Scarabeo 8 incrinatasi nei mari di Norvegia per “mancanza di competenza” mentre invece qui la piattatforma Perro Negro capovoltasi in Angola e qui infine la piattaforma Scarabeo 5 in fiamme a Rotterdam. Il tutto nel giro di due anni.