I cetacei sono stati trovati sulla costa in provincia di Chieti. Ancora da chiarire i motivi che hanno provocato il disorientamento. L'assessore regionale all'Ambiente e l'Enpa denunciano: "L’attività acustica attraverso i sonar delle varie trivelle nell'Adriatico non aiutano la loro migrazione"
Sette capodogli si sono arenati sulla spiaggia di Punta Penna a Vasto in provincia di Chieti, nella notte tra l’11 e il 12 settembre. Tre esemplari sono morti quasi subito, due sono stati liberati nel primo pomeriggio e gli ultimi due hanno preso il largo poche ore dopo. I sette cetacei sono stati scoperti questa mattina da un gruppo di surfisti che ha dato immediatamente l’allarme. Vincenzo Olivieri, presidente del Centro Studi Cetacei Onlus avverte: “Non vuol dire che potranno essere salvi, perché bisogna vedere come si comporteranno nelle prossime ore. In particolare il secondo capodoglio presentava delle ferite ed aveva in bocca una rete da pesca”. Nelle prime ore del pomeriggio anche gli ultimi due esemplari arenati hanno preso il largo accompagnati simbolicamente da una ventina di volontari.
Sulla collina che domina la spiaggia all’interno della riserva di Punta Aderci si sono riuniti in migliaia per assistere alle operazioni che dalle 8 di questa mattina hanno impegnato i volontari. Tutti e sette erano di sesso maschile e facevano parte di un branco che era stato avvistato qualche giorni fa a largo dell’isola Vis, in Croazia.
Il sindaco di Vasto Luciano Lapenna, presente durante le operazioni di salvataggio, aveva parlato di “Una corsa contro il tempo”. Lapenna ha definito l’accaduto di Punta Penna come: “uno dei disastri ambientali più gravi della nostra regione”. Per poter aiutare questi giganti del mare a uscire dalla sabbia che li soffoca è stato necessario anche l’ausilio di una ruspa meccanica. I cetacei hanno una lunghezza tra gli 11 e i 12 metri e pesano circa 11 tonnellate ciascuno.
L’assessore regionale alla Protezione civile e all’Ambiente Mario Mazzocca tenta di avanzare delle ipotesi sulla vicenda: “Le ragioni perché si sono arenati i capodogli sono diverse. Di certo l’attività acustica attraverso i sonar delle varie trivelle che fronteggiano la nostra costa non aiutano la migrazione di questi cetacei. Si deve avere più rispetto del nostro mare”. E ha ribadito Mazzocca: “Bisogna procedere a una revisione sul problema delle perforazioni anche attraverso il governo per impedire di fare in Adriatico un distretto minerario”.
Nonostante la presenza delle trivelle possa essere ritenuta responsabile del disorientamento che ha provocato lo spiaggiamento dei capodogli, il contrammiraglio della Capitaneria di porto di vasto Luciano Pozzolano ha dichiarato che “La presenza di questi animali dimostra però che il mare Adriatico sta tornando in salute”. Ha inoltre aggiunto il contrammiraglio: “Erano anni che tali avvenimenti non accadevano dalle nostre parti. Si tratta di situazioni però già monitorate dai nostri uomini perché risulta che i capidogli fossero stati avvistati nei giorni scorsi lungo le coste croate. Stiamo cercando con l’ausilio dei tecnici e degli esperti e i veterinari di capire come e perché è accaduto questo”.
L’Enpa (ente nazionale protezione animali) ha presentato ai ministeri competenti una lunga relazione per “chiarire quali interventi siano stati posti in essere per garantire un concreto intervento per la messa in sicurezza degli animali e delle persone”. Il direttore scientifico dell’Enpa Ilaria Ferri dichiara che “l’areale in cui si sono spiaggiati i capodogli non rappresenta una zona nella quale questi siano abituali pertanto abbiamo logici e validi sospetti che lo spiaggiamento possa essere stato causato da esercitazioni militari che prevedono l’uso di sonar a bassa frequenza che determina danni irreparabili nei cetacei, o che la causa sia da identificare nelle prospezioni geosismiche in atto nell’Adriatico e condotte in modo scellerato, anch’esse fonte di disturbo e causa di morte per i cetacei”.
Mentre da Marevivo arrivano preoccupanti dichiarazioni sullo stato del nostro mare: “Lo sviluppo sostenibile non può essere soltanto una formula, ma va tramutato in fatti concreti, in grado di conciliare ambiente, economia e sociale per il futuro delle nuove generazioni – afferma la presidente di Marevivo, Rosalba Giugni – Se gli abitanti del mare muoiono, non ci sarà più vita neanche sulla Terra”.