Rimango indeciso fino all’ultimo se scrivere sulla tragedia consumatasi, nelle scorse ore, sulla pelle di una madre, Daniza, un’orsa che, nei boschi del Trentino, aveva aggredito ad Agosto un uomo in cerca di funghi, considerandolo un potenziale pericolo per i suoi cuccioli. E’ stata catturata con una dose di anestetico che le è risultata poi fatale, lasciando orfana la sua prole. Sarebbe bastato che l’orsa non si fosse imbattuta nell’uomo e ora, con tutta probabilità, starebbe a godersi la vita nei boschi. Quanto può essere fatale per la Natura imbattersi nell’uomo, la sua creatura più razionale! Razionalità utilizzata in modo irrazionale, la grande contraddizione di chi dimentica con facilità che sempre della Natura è figlio. Sono due le madri ad essere state uccise.
La mia remora nello scrivere è dovuta al semplice fatto che, come sempre, l’indignazione viaggerà su internet per qualche giorno e poi finirà nel dimenticatoio. Io stesso, con questo post, farò la mia parte, prenderò posto nel carrozzone degli indignati. Errare humanum est perseverare autem diabolicum. Humanum e diabolicum, un’accoppiata che non smette di mostrarsi affiatata.
Ci commuoviamo perché l’innocenza commuove e non esistono esseri più innocenti di animali, bambini e folli, baluardi di una sensibilità perduta, ma di cui testimoniano la presenza, gli unici a non piegarsi agli imperativi sociali e culturali, se non con la forza e l’inganno. In preda a questi pensieri, combatto la titubanza di scriverne, esplicitandolo come un gesto egoistico, non voglio tanto parlare ai lettori e neanche denunciare, c’è chi sa e saprà farlo meglio di quanto possa fare io. Scrivo per me, perché sento il bisogno di ricordarmi non tanto di Daniza, ma dell’impotenza che episodi come quelli di Daniza mi portano a galla.
L’orrore della cattura e della uccisione dell’orsa (forse accidentale, ma che comunque, ripeto, non sarebbe avvenuta se Daniza non avesse incontrato l’uomo) non necessità di commenti ed è già inflazionato dagli stessi, scrivo perché mi voglio semmai autodenunciare, consapevole di non (poter?) fare niente, se non aspettare il prossimo evento che mi scuoterà, incapace di trovare non solo canali di emozione, ma anche canali di azione. Non basta urlare il no, è necessario agirlo. Non basta denunciare la violenza, è necessario attivarsi per interromperla.
Un ultimo appunto che rivolgo sempre a me stesso (perdonate), l’orrore e la violenza si celano anche nella vita precaria e nello smantellamento delle politiche sociali in atto saturi di episodi tragici quotidiani di cui i media parlano a singhiozzo. Non voglio strumentalizzare la morte di Daniza perché per un po’ si parli d’altro, aggiungerei violenza a violenza. Se di Daniza mi “dimenticherò” il resto l’ho sotto gli occhi tutti i giorni.
Forse qualcuno potrebbe farlo notare ai nostri politici che non mostrano la stessa indignazione che stanno mostrando per la morte dell’animale, quando a morire dentro sono persone che non sono più in grado di costruirsi un futuro grazie alle loro politiche, ma ormai è sempre più tempo di cercare soluzioni, non di sperare in chi ha creato i problemi.
La vita è sacra in ogni sua forma.