Il 17 settembre esce la "trilogia" in cui lo scrittore si divide tra narrazione, voce e musica. Con lui strumentisti d'eccezione. E dalle note le emozioni vengono trasferite alle immagini
Hanno provato giorni e giorni in uno scantinato attrezzato a sala di registrazione. Con tazzulle e cafè fedeli compagne di spartito. Stefano di Battista al sassofono (ha imparato a soffiarci dentro nei jazz bar di New York), Luciano Biondini espande la fisarmonica, Daniele Sorrentino è al contrabbasso mentre il pianoforte di Andrea Rea sussurra melodie. Sull’assortimento di note la voce di Nicky Nicolai è un crescendo che contrasta la legge di gravità. Vibra nell’aria la poesia musicata “Essere di Medit” interpretata da Alessandro Preziosi, dove per medit si intende il Mediterraneo che dà identità.
Erri De Luca si mette comodo in ascolto delle maestranze, mentre abbraccia una chitarra. Ma il suo compito, dice, é quello di covare le uova. “L’arrangiamento di Stefano e la voce di Nicky le hanno dischiuse e fatte diventare ali”, chiosa. Le note si mescolano alle parole. La musica diventa visione. Loro sono gli artisti – secondo la suddivisione di Erri – lui ha solo il ruolo minore di narratore.
Invece Erri è stato il capomastro, il mastice di tutta l’operazione che si intitola “La Musica provata”, in uscita il 17 settembre. Una trilogia, formato libro, film e dvd (il primo per Feltrinelli, gli altri due per OhPen) che racconta di musiche che si sono mischiate alla sua vita, dalle canzoni napoletane in poi.
Erri ha poi convocato Manuel e Raffaella Cassano, fratello e sorella, video operatori (che hanno girato per lui il cortometraggio Il turno di notte lo fanno le stelle, vincitore del Tribeca Film Festival di New York e tratto dall’omonimo dvd per Feltrinelli) per l’ultimo trasferimento d’emozioni: dalle note alle parole alle immagini. Ma Erri gli dà un credito in più, fondamentale quando ci si imbarca in missioni del genere, sbrogliatori di matasse di problemi, da mattina a sera.
Sul campo anche l’Erri multiforme si merita una promozione. Avviene quando un bottegaio di via Mezzocannone (per chi non fosse napoletano, una volta era la strada di librai e artigiani, prima che comparissero bancarelle di libri da quattro soldi) gli mette in mano un triccheballacche e un putipù, antichi strumenti ritmici del Sud, e gli dice: “Adesso tocca a te”. “Ero stonato – racconta Erri – però ho sviluppato l’orecchio prensile, rapace, che porta al nido la preda presa al volo”.
E così oltre allo scrittore che ha venduto milioni di copie in trenta lingue fra le più strane, compreso iraniano, coreano e libanese, oltre al conoscitore delle Sacre Scritture, c’è anche l’Erri musicista, più insolito, ma altrettanto verace. Oltre allo scalatore di pareti. Impavido. “Ogni alpinista ha nel suo album una quantità di assenti. Si va in montagna con un sacchetto di fortuna. La prudenza in montagna o ha la forza della profezia, che fa tornare indietro, o è un impaccio”, dice. Un blitz in Australia di 4 giorni (anche lì Erri è un’autorità) e un altro in Puglia, in questi giorni, per seguire le riprese di un cortometraggio tratto da una sua storia e sceneggiatura ” Tu non c’eri”, un rapporto figlio padre che si confrontano su una parete di roccia. Gli attori sono Piero Pelù, Bianca Guaccero, Brenno Placido, regia di Cosimo D’Amato.
Erri è poeta: Qui sono piovute musiche, ognuna stava in grembo a qualche nuvola. Ogni canzone è stata prima scroscio, e le sue note gocce, come scrive nella prefazione. Con Margot Sikabonij che sospira ‘Mi fa paura che non piangi figlio’, tratto dal testo teatrale (sempre di Erri) “In nome della madre”. Erri è anche militanza: e tra le pagine scorre un’antologia di resistenza: dal ferroviere anarchico di Guccini al disertore di Boris Vian passando per Vladimir Vysockij nella Russia sovietica. Ha imparato il russo per entrare nel dna creativo di Vysockij e i suoi testi Erri li legge nella lingua madre. “In fondo il proibizionismo produce sempre un magnifico mercato clandestino”.
“Spigolando dietro”, è una passeggiata nella musica dove Gino Castaldo, critico musicale, si fa mietitore e raccoglie grani di pensiero. Colpisce una definizione di Erri: la potenza dell’udito è di attraversare muri. La vista non può farlo, non può sapere cosa succede alle spalle o al buio. Con una dote prevale la vista sull’udito: ha l’interruttore delle palpebre. Se non vuole vedere basta abbassarle. L’orecchio invece non ha saracinesche, non può fare serrate. Singolare invece è la scelta dello sponsor, un marchio di pasta, che si occupa dell’ultimo dei cinque sensi. E l’esperienza si fa sensoriale a tutto tondo. E in quella cantina, un’ abbuffata di note, non poteva mancare uno spaghetto sciuè sciuè.
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