La perizia tecnica e le testimonianze dei colleghi, come scrive il Corriere della Sera, smentiscono la versione dell'indagato: il 26 novembre 2010 non andò a lavoro. I legali: "Particolare già confermato dal muratore davanti al pm". Presentata nuova istanza di scarcerazione
Massimo Giuseppe Bossetti, l’uomo accusato dell’omicidio di Yara Gambirasio, quel 26 novembre del 2010 non andò a lavoro. Il particolare, riportato oggi dal Corriere della Sera, emerge dalle relazioni dello Sco della polizia e del Ros dei carabinieri, in base alle perizie tecniche eseguite e alle testimonianze raccolte. Un fatto che smentirebbe quanto da subito affermato dal muratore, che quel giorno aveva detto di essere andato in cantiere, a Palazzago (Bergamo) come sempre, e di essere passato da Brembate Sopra (Bergamo) – luogo dove abitava e da dove sparì la 13enne – solo per recarsi a casa (un altro particolare che sembrerebbe essere smentito dalle telecamere che hanno inquadrato il furgone del muratore).
Gli investigatori sarebbero arrivati a questa conclusione incrociando i tabulati delle celle telefoniche con le testimonianze dei colleghi di lavoro e di altri residenti a Brembate Sopra. Ma quella riportata dagli investigatori e diffusa dal Corriere – secondo i legali del muratore di Mapello – non sarebbe una novità. Bossetti, sostengono Salvagni e Gazzetti, già nel secondo interrogatorio dopo il fermo (avvenuto il 16 giugno), davanti al pm Letizia Ruggeri, disse che quel 26 novembre 2010 non era nel cantiere di Palazzago quando Yara scomparve. E questo, sottolinea Salvagni, dimostra la “sincerità” di Bossetti che, in quell’interrogatorio, descrisse nel dettaglio i suoi spostamenti di quel giorno. “Se davvero i tabulati dovessero dimostrare che Bossetti quel pomeriggio, non era al cantiere, dove era stato in mattinata, ma altrove – commenta Salvagni che è ancora in attesa delle analisi sui tabulati – il suo racconto sarebbe ancor più confermato”.
Il muratore bergamasco, davanti al pm aveva raccontato di essere stato a lavorare nel cantiere di Palazzago in mattinata, di aver fatto quindi controllare il furgone da un meccanico, di essere stato da un falegname, dal suo commercialista e infine di essere tornato a casa. Un percorso che prevedeva il passaggio davanti alla palestra di Brembate di Sopra da cui scomparve la tredicenne che fu trovata uccisa il 26 febbraio 2011 in un campo a Chignolo d’Isola, a pochi chilometri da Brembate.
Solo nelle scorse ore, era stata respinta la domanda di scarcerazione per Bossetti. Il gip di Bergamo Ezia Maccora l’ha ritenuta inammissibile perché mancava la notifica della controparte. Non è una risposta negativa nella sostanza della richiesta (sulla quale il gip non si è soffermato), ma un mero, seppure decisivo, rilievo di natura procedurale. Ora i legali del Bossetti, gli avvocati Silvia Gazzetti e Claudio Salvagni, hanno ripresentato l’istanza di scarcerazione del loro assistito. Stavolta l’atto è stato notificato anche ai legali della parte offesa, ovvero della famiglia Gambirasio, come prevede una modifica introdotta nel 2013 all’articolo 299 del Codice di procedura penale. I legali della controparte hanno due giorni di tempo per presentare eventualmente delle proprie memorie.