E’ il primo concreto passo verso una riforma legislativa sospirata da chiunque si occupi di difesa dell’ambiente e, quindi, della salute pubblica, in ambito giuridico ma non solo.
Per provare a dare il senso dell’importanza di questa legge, non si può non partire dallo stato attuale della nostra normativa in questa materia: esso è tale che, senza tema di enfasi, può ben dirsi che l’aria, l’acqua, il suolo e il sottosuolo in questo paese non sono provvisti di una seria tutela penale.
La quasi totalità degli illeciti penali contro l’ambiente esistenti, difatti, è costituita da mere contravvenzioni, che nel nostro ordinamento si possono definire a tutti gli effetti “reati di serie b” (gli altri, quelli più gravi, sono i delitti).
Le conseguenze pratiche di quest’ultimo elemento sono varie e qualificanti. Per citare solo le principali: pena massima fino a tre anni di arresto, il che, nei fatti, vuol dire, per la presenza nel nostro sistema penale di una serie di istituti, in senso lato, “indulgenziali”, altissima probabilità che nessuno, o quasi nessuno, sconti mai un giorno di pena per una condanna per un reato ambientale; impossibilità per la polizia giudiziaria di procedere ad arresto in flagranza o, anche per il pubblico ministero, a fermo di indiziato di reato; divieto per la magistratura di disporre misure cautelari personali (da quelle più gravi, come la custodia in carcere, a quelle più lievi, come l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria) e intercettazioni, telefoniche e ambientali.
Ma, prima e più di quelli appena accennati, v’è un altro “effetto collaterale” indissolubilmente legato alla natura di contravvenzione dei reati contro l’ambiente, il più devastante: il rischio prescrizione.
Il nostro codice penale prevede che un illecito del genere si prescriva, ossia si estingua per il mero decorso del tempo, in un termine massimo di cinque anni.
Nei nostri tribunali capita molto spesso che in cinque anni un processo penale non si concluda; il che vuol dire che, prima che arrivi una sentenza definitiva, giunge un altro tipo di fine, tanto frequente quanto innaturale, per il reato e, dunque, per il processo: quella per prescrizione, appunto.
Questa è, per grandi linee, la situazione della “tutela penale” (si fa per dire!) dell’ambiente e, dunque, della salute pubblica che la nuova legge sarà chiamata a rendere appena più serio; impresa titanica!
Ciononostante, quel testo legislativo è stato sottoposto ad attacchi durissimi da parte di larghi settori del mondo, in senso lato, ambientalista, nonché di taluni addetti ai lavori.
Quel testo presenta senza dubbio pesanti criticità: su tutte quella per cui i due nuovi reati di inquinamento e disastro ambientale (delitti, finalmente, non più contravvenzioni!) istituiti dalla legge si realizzerebbero solo quando il danno o il disastro ambientale vengono arrecati “in violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative specificamente poste a tutela dell’ambiente e la cui inosservanza costituisce di per sé illecito amministrativo o penale.”
Questo potrebbe comportare enormi vuoti di tutela in tutti quei casi di inquinamento o addirittura disastro “a norma di legge” o di autorizzazione amministrativa, i quali, per una variegata serie di combinazioni, possono verificarsi e si sono verificati.
Questo, quindi, è uno degli aspetti della riforma che possono e devono esser corretti; in tal senso, peraltro, sono già state formulate da varie parti precise proposte di emendamenti al testo.
Tuttavia, chi, pur in “buona fede ecologista”, ha organizzato campagne di attacco a questa proposta di legge forse non ricorda o, semplicemente, non conosce quello stato attuale della tutela penale dell’ambiente che si è sopra brevemente riepilogato; e non considera che esso va benissimo solo al partito degli inquinatori, sempre più nutrito; il quale, quindi, è il solo che, da una legge che, pur tra difficoltà e contraddizioni, provi a munire quella tutela di qualche strumento serio ha tutto da perdere.
E, intanto, la proposta di legge, dopo l’approvazione della Camera, resta in vacanza al Senato.
Anche e soprattutto quando si tratta di difendere l’ambiente, la ricerca dell’ottimo a tutti i costi rischia di esser nemica del buono.