Questa settimana gli scozzesi avranno finalmente l’opportunità di dire la loro riguardo all’unione con l’Inghilterra ed con il resto del Regno Unito. Sono appena 307 anni che questo matrimonio burrascoso dura, un eventuale divorzio aprirebbe scenari difficili da gestire per entrambi: dalla gestione della difesa fino a quella della moneta, la sterlina. Nonostante le reazioni negative provenienti dal mondo degli affari, della finanza ed anche di molti risparmiatori scozzesi nei confronti del movimento indipendentista, è molto possibile che questo la spunti in quella che si profila essere una votazione testa a testa tra i si ed i no all’indipendenza.
I cittadini di Eurolandia dovrebbero seguire attentamente il dibattito che imperversa nel Regno Unito sulle conseguenze monetarie di una possibile scissione poiché, a differenza di quella europea, l’unione monetaria tra la Scozia e l’Inghilterra funziona talmente bene che gli indipendentisti vogliono mantenerla. E dato che la Banca d’Inghilterra e tutto lo schieramento politico di Westminster hanno chiaramente detto che per farlo esiste solo una soluzione: votare no all’indipendenza, è possibile che molti decidano di farlo proprio per non perdere la sterlina.
Gli scenari monetari che si aprono di fronte alla vittoria del si ed all’abbandono dell’unione monetaria sono tutti negativi per entrambe le nazioni. L’uscita della Scozia dal Regno Unito senza accollarsi la sua porzione di debito farà gravitare quello del resto della nazione indebolendo la sterlina. E’ persino possibile che venga presa di mira dalla speculazione al ribasso, abbiamo già visto questa settimana cosa è successo quando la notizia della probabile vittoria dello schieramento del si è arrivata in borsa, la sterlina ha perso quota nei confronti del dollaro e dell’euro.
Senza l’unione monetaria mantenere la sterlina per la Scozia può avvenire solo attraverso il processo di sterlinizzazione, è cioè l’uso della sterlina senza poterne controllarne l’offerta poiché la banca d’Inghilterra cessa di essere la banca centrale scozzese, quello che, ad esempio, è avvenuto a Panama con il dollaro. Ma questa è un’opzione che potrebbe funzionare solo nel breve periodo, mentre si sviluppano piani alternativi come l’introduzione della moneta scozzese o l’adesione all’euro.
Quest’ultima opzione viene però rigettata da tutti, anche dai sostenitori del si. Prima di tutto il processo di adesione è lungo e prevede l’ingresso della Scozia nell’Unione Europea, l’indipendenza infatti la escluderebbe automaticamente. In secondo luogo gli scozzesi sono fortemente critici dell’unione monetaria europea e difficilmente il nuovo governo riuscirà a convincerli a cambiare idea.
L’unica soluzione è dunque il mantenimento dell’unione monetaria e l’uso della banca d’Inghilterra quale banca centrale. E questa in fondo è anche la soluzione migliore per Londra dal momento che il 40 per cento delle esportazioni ed il 23 per cento delle importazioni inglesi nell’Unione Europea avviene con la Scozia. I costi dei cambi farebbero gravitare i costi ed a guadagnarci sarebbero sole le banche. Ma mantenere un’unione monetaria con una Scozia indipendente richiede accordi fiscali dettagliati difficili da negoziare dopo un referendum di abbandono dell’unione politica. Insomma i problemi all’orizzonte sono tanti.
Se il fronte del si vincerà, le procedure per il divorzio tra la Scozia e l’Inghilterra verranno seguite con molto interesse da Bruxelles e dal resto dell’Europa perché potrebbero essere le prove generali di altri divorzi all’interno di Eurolandia.