Il Veneto chiama e la Lombardia risponde. I governatori leghisti delle due regioni dicono di essere pronti allo sciopero fiscale se gli annunciati tagli lineari da parte del governo toccheranno, come sembra, anche la sanità. Dopo l’annuncio fatto dal governatore del Veneto, Luca Zaia, in una intervista al Quotidiano nazionale, arriva l’appoggio del presidente della Lombardia, Roberto Maroni. “Bene Zaia, anche la Lombardia è pronta” ha scritto su Twitter.
“Se il governo pensa di tagliare anche un solo euro di spesa sanitaria al Veneto noi facciamo lo sciopero fiscale. Ma a Renzi voglio dire una cosa: se ha le palle approfitti della situazione, obblighi tutti ad applicare i costi standard. La siringa, lo stent, il pasto in ospedale devono costare ovunque la stessa cifra – dice Zaia – Il governo è ostaggio degli spreconi, della mala gestione. Renzi non applicherà mai i costi standard perché provocherebbe la ribellione del Sud. Non dei cittadini, ma della classe dirigente”. “Parlo per dati di fatto – continua Zaia -. Guarda caso abbiamo quattro regioni meridionali che hanno un buco sanitario di 5 miliardi. Sono quelle che spendono di più e curano peggio, tanto che i loro pazienti scappano. Se si guardano le tabelle dei costi si vede che una garza nel meridione viene pagata anche il 620% in più. In Veneto il paziente resta mediamente 7 giorni in ospedale, ci sono regioni che arrivano a 30 giorni. Da noi ci sono un paio di primari di andrologia per 5 milioni di abitanti, altrove i primari sono 30″. “Questo – sottolinea – è l’emblema dell’inefficienza. Vuol dire che non sono stati fatti investimenti nella diagnostica e nelle tecnologie. Sappiamo che per uscire dalla crisi il Paese deve diventare virtuoso. Bisogna dire a tutti che la pizza Margherita costa 5 euro. Non possiamo accettare che ci sia qualcuno che ci porta una ricevuta da 60 euro. Al Sud questo qualcuno è la stragrande maggioranza”.
Sabato il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, dalla festa del Pd di Padova aveva gettato acqua sul fuoco: “Ci sono dei tagli che interesseranno il ministero della Sanità e sarà il ministro a dirlo” ma “saranno concordati con le Regioni, quindi quelle Regioni che sono virtuose e spendono bene non devono preoccuparsi, quelle che non spendono in maniera efficiente dovranno fare di più”. E lo stesso premier Matteo Renzi, due giorni fa, aveva spiegato che “revisione della spesa non significa tagliare la sanità”, aggiungendo però che “le Regioni prima di fare proclami inizino a spendere bene i soldi che hanno”. Rassicurazioni rinforzate anche dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che alla domanda sull’eventualità di un taglio di 3 miliardi al Fondo sanitario aveva risposto “al momento no”.
Dichiarazioni che avevano tranquillizzato il presidente della Conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino, che aveva assicurato “massima collaborazione con il Governo, la stessa che ci ha portato a sottoscrivere il patto per la salute che peraltro è anche un documento di spending review e razionalizzazione della spesa. Del resto, come certificato dalla Corte dei conti, proprio il patto per la salute ha consentito in questi anni di tenere sotto controllo la spesa sanitaria”.