Doccia gelida per l’Italia dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. L’Ocse ha tagliato drasticamente le stime di crescita per il Paese, arrivando a prevedere che nel 2014 il prodotto interno lordo crollerà dello 0,4%, contro il +0,5% stimato solo a maggio. E’ l’unico dato negativo tra i “grandi”, i Paesi del G7, e prefigura il terzo anno di recessione dopo che nel 2012 il pil è calato del 2,4% e nel 2013 si è contratto dell’1,9%. Non solo: nel 2015, scrive l’Ocse, la risalita sarà solo dello 0,1%. Troppo poco per un prodotto che è ormai sceso ai livelli di 14 anni fa.
Finora nessun altro istituto di ricerca aveva stimato un calo del genere, nonostante il -0,2% registrato dall’Istat nel secondo trimestre: il quadro più pessimistico era quello delineato dall’agenzia di rating Moody’s, che in agosto ha prefigurato per l’anno scorso una contrazione limitata però allo 0,1%. A luglio il Fondo monetario internazionale ha rivisto al ribasso le stime, portandole però a un non così cupo +0,3%. Mentre Standard&Poor’s, proprio lunedì, ha diffuso un report in cui prevede una crescita zero, dato identico a quello diffuso dal Centro studi di Confindustria due mesi fa. Moody’s, in particolare, spiega di aver sopravvalutato l’impatto delle misure varate dal governo di Matteo Renzi. L’agenzia riteneva che il bonus Irpef di 80 euro potesse spingere la crescita di 0,3 punti percentuali, mentre ora “sembra più plausibile” un +0,1%. E meno benefici rispetto al previsto sono arrivati anche dal pagamento dei debiti arretrati della pubblica amministrazione. Dopo la notizia, Piazza Affari ha virato in territorio negativo scendendo a -0,9%, per poi recuperare lievemente nel corso della mattinata e aumentare le perdite nel pomeriggio fino a -1,10%.
Più difficile il percorso verso la legge di Stabilità – Di fronte a un calo del pil dello 0,4%, che fa dell’Italia il fanalino di coda dell’Eurozona, poco può fare la revisione legata al nuovo metodo di calcolo Esa 2010, tanto attesa al ministero dell’Economia guidato da Pier Carlo Padoan. Quel ritocco “cosmetico” deciso in sede europea, infatti, ha effetto solo sul livello assoluto del prodotto ma non sulla sua variazione rispetto al periodo precedente. L’esecutivo, che ha deciso di rimandare all’1 ottobre l’aggiornamento del Documento di economia e finanza proprio per aspettare i dati rivisti relativi al 2013, potrà dunque ancora contare su un “aiutino” per quanto riguarda i rapporti deficit/pil e debito/pil. Ma non evitare di tagliare in modo corposo le proprie previsioni di crescita, che come è noto nella prima versione del Def si attestavano allo 0,8%. Un cambiamento di scenario che, insieme alla deflazione ormai conclamata, complica notevolmente il lavoro dell’esecutivo anche sul fronte del reperimento dei 20 miliardi necessari per la legge di Stabilità. Sforbiciare la spesa rende infatti più faticosa l’uscita dalla recessione. E la reazione negativa dei mercati può complicare la riuscita del piano di privatizzazioni, peraltro già in affanno. Non solo: sebbene ora siano ai minimi storici, anche i tassi di interesse che il Tesoro deve pagare per finanziare il debito pubblico potrebbero salire.
Per l’eurozona prevista crescita dello 0,8%. Germania in progresso dell’1,5% – Solo nel 2015, secondo l’organizzazione parigina, l’Italia vedrà una timida ripresa dello 0,1%. Contro il “corposo” +1,1% della precedente stima. Per l’area euro, al contrario, l’Ocse prevede una crescita quest’anno dello 0,8%, in accelerazione all’1,1% nel 2015. Il Pil dovrebbe aumentare in Germania dell’1,5% sia quest’anno che il prossimo, nonostante la frenata dello 0,2% nel secondo trimestre, mentre in Francia il prodotto interno lordo dovrebbe assestarsi allo 0,4% nel 2014 e all’1% nel 2015. Una ripresa con il freno a mano tirato, insomma. Il recupero in Eurolandia “rimane deludente, specialmente nei Paesi più grandi: Germania, Francia, Italia”, scrive l’Ocse nell’Interim economic essessment. Ma “mentre la ripresa in alcune economie periferiche è incoraggiante, altri Paesi fronteggiano ancora sfide strutturali e di bilancio, insieme al peso di un alto debito“. L’identikit è esattamente quello di Roma.
Tenere sotto controllo i conti pubblici ma sfruttare la flessibilità nelle regole Ue – Al contrario la ripresa “è solida” negli Stati Uniti, si sta rafforzando in India ed è in linea con il potenziale in Giappone e Cina. “L’inferiore sincronizzazione economica dei diversi Paesi si riflette in requisiti di strategia politica divergenti. Ciò nonostante, resta vero che le condizioni monetarie dovrebbero rimanere di sostegno in tutte le principali economie avanzate, mentre la maggior parte dei Paesi dovrebbero fare ulteriori progressi nel consolidamento di bilancio per assicurare che il debito resti sostenibile”. No ad un allentamento del controllo sui conti pubblici, dunque. Ma, è la ricetta dell’Ocse, occorre anche usare tutti gli spazi di flessibilità esistenti. “Vista la debolezza della domanda, la flessibilità all’interno delle regole europee dovrebbe essere utilizzata per sostenere la crescita”.
Riforme “ambiziose” per aumentare competizione e occupazione – Poi il richiamo sulla necessità delle riforme: “Il continuo fallimento dell’economia globale nel generare una crescita forte, equilibrata ed inclusiva sottolinea l’urgenza di sforzi di riforma ambiziosi”. Per rafforzare sostanzialmente la crescita”, insiste l’organizzazione parigina, “alcuni Paesi stanno cogliendo l’opportunità di riforme strutturali e devono ora assicurarne l’effettiva implementazione, mentre altri devono essere più ambiziosi per aumentare la competizione e l’occupazione“. In particolare “abbassare le barriere al commercio, ridurre gli oneri amministrativi sulle imprese” e liberalizzare i servizi deve essere “una priorità comune delle economie avanzate”. L’Ocse afferma che “l’occupazione deve essere accresciuta nei Paesi con un grande carico fiscale sul lavoro”, attraverso “la riduzione dei contributi per la sicurezza sociale”, in particolare in Francia.