La Champions League deve tornare ad essere veramente la “coppa dei campioni”. Così almeno la pensa Michel Platini, che ha in serbo l’ennesima rivoluzione per la massima competizione continentale per club: dalla prossima edizione le teste di serie non saranno più decise in base al ranking, ma coincideranno con le squadre che hanno conquistato i sette migliori campionati europei, più la vincente della precedente edizione della Champions. L’Uefa di recente ha confermato che “il comitato esecutivo sta considerando un cambiamento del sistema di sorteggio”, e il quotidiano spagnolo Mundo deportivo ha svelato il progetto. Sembra una sottigliezza, ma non lo è.

Basta tornare al sorteggio di qualche settimana fa per accorgersi delle enormi differenze con il nuovo meccanismo. Nell’urna di Nyon in prima fascia c’erano Real Madrid, Bayern Monaco, Chelsea, Barcellona, Atletico Madrid , Benfica, Borussia Dortmund, Schalke 04. Tre squadre spagnole e tre tedesche nelle prime otto. Una situazione che non potrà ripetersi fra dodici mesi, quando ogni nazione potrà avere una squadra, al massimo due nel caso un suo club abbia vinto la Champions precedente. Soltanto una fra Real Madrid e Barcellona, dunque, potrà essere testa di serie (sempre che l’Atletico non bissi il successo nella Liga); stesso discorso per Bayern e Borussia, Chelsea e Manchester, e via dicendo. Tutte le altre finiranno in seconda fascia (con ulteriore slittamento in terza di squadre di buon livello), e questo farà sì che ci saranno gironi molto più duri rispetto al passato (anche se resta la regola che due squadre dello stesso Paese non possono incontrarsi nel primo gruppo). Altra novità sarà quella di dare più valore (come ipotizzato da tempo) all’Europa League: la vincente verrà ammessa di diritto alla fase a gironi della prossima Champions League (sempre che non abbia già conquistato la qualificazione nel proprio campionato).

La riforma di Platini va in direzione dell’ampliamento dell’elite del calcio europeo che il presidente dell’Uefa persegue da anni. Nel 2009 erano stati modificati secondo questi stessi i criteri i preliminari di qualificazione: non più sorteggiati in base al ranking, ma divisi fra “piazzati” (le terze e quarte classificate dei principali campionati) e “campioni” (chi ha vinto il titolo nel proprio Paese). Un meccanismo che ha spalancato le porte della Champions a squadre di nazioni minori (si pensi ad esempio a Bate Borisov, Maribor e Ludogorets, “cenerentole” di questa edizione) e complicato terribilmente il cammino delle “big” (lo sa bene il Napoli, eliminato nello spareggio “di ferro” contro l’Athletic Bilbao).

E così si spiega – anche se in ambito nazionale – il format degli Europei a 24 squadre, con più spazio per le realtà periferiche.

Ranking alla mano, è facile dire chi guadagna e chi perde dal nuovo sistema. Va male sicuramente a Spagna, Germania e Inghilterra. Benissimo, invece, a Portogallo (che quest’anno già aveva il Benfica, ma blinderà la sua posizione) e soprattutto Francia e Russia, che si garantiscono almeno per il prossimo triennio una squadra in prima fascia. Sorride anche l’Italia: un tempo era la norma vedere Milan, Inter e Juventus tra le “big”. Adesso non lo è più: con la crisi delle milanesi, gli scarsi risultati internazionali dei bianconeri e la presenza a intermittenza di Napoli e Roma, il nostro campionato non ha teste di serie da due anni. La prima in classifica resta il Milan, che però è solo 14esimo (e scivolerà molto indietro a causa di questa stagione senza coppe). L’Italia è proprio uno di quei Paesi minori che beneficerà del provvedimento. A patto, ovviamente, di rimanere nelle prime sette del ranking: attualmente siamo quinti, con un margine rassicurante di 15mila punti su Ucraina e Olanda (in ottava e nona posizione). Ma ci aspetta una stagione con due sole squadre in Champions, e l’Europa League non è mai stata foriera di soddisfazioni. Meglio guardarsi alle spalle, di questi tempi.

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