Repubblica saluta con entusiasmo l’uscita di un libro di foto sulla guerra del Vietnam fatte da fotografi vietcong. Così, ha scritto Vittorio Zucconi il 14 settembre, si supera “il paradosso della guerra del Vietnam, forse la sola, nella storia, raccontata dagli sconfitti invece che dai vincitori”. I quali vincitori – i vietcong, appunto – pare che finora non siano riusciti a produrre “neppure una storia completa”, se non “qualche opuscolo e avare immagini di repertorio”. Il libro ‘Ceux du Nord’ del francese Patrick Chauvel è sicuramente interessantissimo, perché l’effetto ribaltamento che quelle foto producono nell'”occidentale” è davvero potente, ma le cose non stanno così.
I vincitori la loro storia l’hanno sempre raccontata senza bisogno di aspettare per quarant’anni l’illuminante intervento dell’uomo bianco. Molte delle foto raccolte nel libro di Chauvel sono ottimamente esposte nei tanti musei locali sulla guerra del Vietnam (che naturalmente laggiù non si chiama così, ma “guerra americana“), a partire dal War Remnants Museum di Ho Chi Minh City. E sono pure pubblicate in volumi fotografici in vendita nelle librerie del Paese (insieme a testi di storia sulle guerre contro francesi e americani, come “1945-1975, The 30 Years War”, Thé Gioi Publishers).
La copertina che vedete è di uno di questi, pubblicato nel 2001 e acquistato in loco da chi scrive una decina d’anni fa. La foto, non a caso, è la stessa che campeggia sulla copertina del libro di Chauvel, e il curatore del volume, Mai Nam, è uno dei “fotografi combattenti” i cui scatti (eccone alcuni) sono raccolti oggi in ‘Ceux du Nord‘. Come si vede, il “racconto dei vincitori” era già stato fatto, con tanto di traduzione a fronte dall’ostica lingua vietnamita (la foto in copertina, per esempio, è del 1966, si intitola “Di pattuglia” e raffigura “Nguyen Thi Hien, caposquadra della milizia a Yen Vuc…).
Ben venga allora il libro che porta in Europa la guerra del Vietnam vista dai vietnamiti, dato che il nostro immaginario è colonizzato dalla narrazione Usa sia sul fronte militarista che su quello pacifista, da Berretti Verdi di John Wayne a Platoon di Oliver Stone. E ben venga, nel caso, anche chi pensa che in questi giorni ci siano ben altre guerre di cui (pre)occuparsi. Ma sottovalutare il “nemico” resta sempre un errore madornale, e non solo sul campo di battaglia.