La ripresa internazionale che langue, il contesto geopolitico che aggiunge incertezze, una evidente propensione a gonfiare le stime sull’avvenire. Ma l’agenzia di rating Standard & Poor’s ha ammesso ieri di aver sopravvalutato l’impatto sull’economia del bonus fiscale da 80 euro: prevedevano avesse un impatto di +0,3, invece non è andato oltre 0,1. E questo è un segnale preoccupante per l’avvenire, visto che l’ottimismo governativo sul futuro era dovuto a un beneficio crescente degli 80 euro, più efficaci quando resi stabili. L’Ocse arriva a questa conclusione: “Il continuo fallimento dell’economia globale a generare una crescita forte, bilanciata e inclusiva sottolinea l’urgenza di sforzi ambiziosi di riforma”. È l’inevitabile appello alle riforme strutturali che arriva da ogni istituzione internazionale, nella speranza che se l’economia non cresce sia sufficiente cambiare qualcosa per tornare a correre. Nessuno vuole pensare all’ipotesi che, come teme l’ex segretario al Tesoro Usa Larry Summers, la crescita possa non tornare mai.
I numeri dell’Ocse sono osservati con preoccupazione dal ministero dell’Economia. Le stime che circolano in via XX Settembre e all’Istat non sono così negative. Ma è tutto molto incerto: a ottobre il governo deve presentare il Def, il Documento di economia e finanza, che avrà per la prima volta due stime. Quella a legislazione vigente e quella con le riforme, verrà cioè stimato l’impatto delle decisioni da adottare durante la sessione di bilancio. Ma i calcoli di queste settimane sono fatti con vecchio Pil, secondo i parametri del cosiddetto Sec95, a ottbre scatterà la revisione voluta da Eurostat. E grazie al maggior peso di criminalità ed economia illegale, il Pil salirà parecchio, fino a 3 punti. E tutte le stime saranno da rifare.
Un discreto caos contabile di cui il premier Matteo Renzi approfitta per simulare ogni giorno una lotta a mani nude contro il commissario agli Affari economici Jyrki Katainen e il rigore europeo. In realtà è ormai chiaro che tutto il dibattito sulla “flessibilità in cambio di riforme ” è stato archiviato senza risultati. Ormai la scelta di Renzi è semplice e unilaterale: sfondare platealmente il tetto del 3 per cento al rapporto deficit-Pil o provare a mantenere un rispetto formale e rimandare i problemi al 2015, magari dopo le elezioni anticipate? Molto dipende da quale sarà il numero definitivo del Pil in recessione. Ma Katainen e la Germania, con il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble, hanno capito il clima. E infatti propongono un monitoraggio più stringente delle riforme dell’Italia. Senza contropartite, soltanto per evitare che l’indisciplina degeneri. Come ai tempi di Silvio Berlusconi.
@stefanofeltri
Il Fatto Quotidiano, 16 settembre 2014