Un gruppo di driver denominato Uber Network ha inscenato una protesta davanti alla sede della società a Long Island perché non riescono più a guadagnare come in passato. Il problema non è il calo dei clienti, ma quello delle tariffe
Questa volta la minaccia per Uber arriva dai suoi autisti. A New York un gruppo di driver denominato Uber Network ha inscenato una protesta davanti alla sede della società a Long Island. Gli autisti del servizio Uber X protestano perché non riescono più a guadagnare come in passato. Il problema non è il calo dei clienti, ma quello delle tariffe. Nonostante abbiano già ottenuto una vittoria contro l’azienda, che ha dovuto obbligare anche le vetture di fascia alta della flotta di Uber Black a rispondere anche alle chiamate più economiche, gli autisti vanno avanti.
Negli Usa Uber Black è il servizio premium con vetture eleganti, anche Suv, e autisti con licenza, mentre Uber X copre la fascia bassa del mercato con driver che utilizzano la propria vettura e non sono dotati di licenza. Un po’ come Uber Pop, lanciato anche in Italia ma illegale secondo il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi, tanto che fioccano multe e sequestri per gli autisti beccati al lavoro dai vigili urbani.
Per vincere la concorrenza di servizi analoghi come Lyft e Gett oltre a quella dei taxi, la società ha ridotto le tariffe del 20%, snaturando in questo modo il servizio. “Uber non può essere più economico di un taxi” dicono i manifestanti che devono fare fronte a una serie di costi aggiuntivi rispetto alle vetture pubbliche per fornire il servizio richiesto dalla società. Per esempio c’è il lavaggio quotidiano, il cambio regolare dell’olio oltre a costi come quelli relativi all’assicurazione che rimangono uguali con il taglio delle tariffe. Ma si tratta solo di consigli per i driver e non di una politica aziendale, sostiene la società che vuole trattare solo singolarmente con i manifestanti.
Josh Mohrer, general manager Uber di NYC, ha spiegato che “Abbiamo sempre adottato la politica della porta aperta con i nostri autisti. Siamo sempre felici di accoglierli e parlare con loro”. Ma non tutti insieme, uno per volta. E poi Uber non capisce bene il motivo della protesta visto che secondo i loro calcoli gli autisti stanno guadagnando di più lavorando per lo stesso periodo di tempo. Ma Oris Fortuna, che da quattro mesi lavora per la società, spiega che in questo modo lui ci perde duecento dollari a settimana.
Gli autisti di New York non sono i primi a sollevare la questione. Altre proteste ci sono già state a Los Angeles, San Francisco e Seattle, e un’altra minaccia sta arrivando dall’Europa. Proprio in questo ore a Bruxelles è stato organizzato un incontro mondiale dei sindacati dei trasporti, che sarà seguito da un altro meeting europeo all’inizio di ottobre, per arrivare a una posizione comune contro Uber.