Alibaba, il gruppo di e-commerce cinese fondato da Jack Ma, sbarca a Wall Street venerdì 19 settembre. Il collocamento delle azioni sulla Borsa di New York (in gergo initial public offering, Ipo) potrebbe portare nelle casse della società fino a 25 miliardi di dollari, e stando indiscrezioni prima ancora del debutto sul listino sarebbero già state vendute a investitori istituzionali, come assicurazioni e fondi comuni, azioni per 2 miliardi. Valori che faranno della quotazione la terza o quarta più grande della storia e permetteranno al colosso della Repubblica popolare di superare il record fatto segnare nel 2012 da Facebook, prima azienda It a riuscire a raccogliere sul mercato 16 miliardi di dollari. Il prezzo dei titoli all’avvio delle contrattazioni si conoscerà giovedì, ma l’agenzia Bloomberg scrive che Alibaba punta a superare i 70 dollari, contro una “forchetta” iniziale di 60-67 dollari. Intanto Ma ha dichiarato di voler espandere le attività anche in Usa e in Europa, ma senza tralasciare l’Asia. Dove tra il giugno 2013 e lo stesso mese del 2014 ha raggiunto un volume di affari di 296 miliardi di dollari.
La storia di Alibaba potrebbe tranquillamente annoverarsi tra quelle che hanno trasformato la ex Santa Clara Valley nella Silicon Valley che tutti conosciamo. Il suo fondatore, Jack Ma, se l’è inventata nel salotto di casa all’età 35 anni, quando ancora faceva l’insegnante di inglese. “EBay sarà pure uno squalo nell’oceano, ma noi siamo l’alligatore del fiume Azzurro”, aveva dichiarato quando ancora nessuno avrebbe scommesso un centesimo sulla sua azienda. “Se combattiamo nell’oceano perdiamo, ma se combattiamo nel fiume siamo destinati a vincere”. E infatti così è stato. L’alligatore del fiume azzurro, come ormai è universalmente noto, ha aperto la sua azienda di e-commerce nel 1999 con lo scopo di dar vita a una piattaforma online che potesse mettere in contatto le industrie del manifatturiero cinese con i compratori sparsi in tutto il mondo. E, dopo aver risalito il fiume, oggi l’alligatore è pronto a sfidare lo squalo.
Tutto, a partire dal marchio, è stato studiato per poter superare la Grande Muraglia. “Alibaba” è un nome che si presta a essere memorizzato anche in Occidente, dove il celebre personaggio della letteratura araba medievale è ben presente nell’immaginario comune. “Ali Baba”, ha spiegato agli esordi Ma, con un’altra di quelle sue frasi che sono diventate celebri, “non era un ladro. Era un gentiluomo che sapeva fare affari”. Su quest’idea ne sono state costruite altre, tutte vincenti e tutte parte del grande albero Alibaba. Ci sono il portale Taobao, che mette in comunicazione direttamente i consumatori tra di loro, in maniera non diversa da quanto fa il nostro eBay, e il più recente Tmall, un sito simile al nostro Amazon, pensato per costruire un ponte tra le grandi multinazionali e la nascente classe media cinese. Della “famiglia” fanno parte anche Aliyun, un servizio di cloud computing, eTao, un motore di ricerca per i prodotti, e Alipay, l’equivalente del nostro sistema di pagamenti online Paypal. Ad aprile di quest’anno Ma è entrato addirittura nel settore cinematografico e ha fondato Alibaba Pictures Group, che ha già investito più di 3 miliardi di dollari in cinema, tv, e video online.
L’Economist aveva scritto bene che attualmente Alibaba è il cuore del “capitalismo dei bambù”, ovvero di quelle aziende private cinesi che con la loro struttura snella e flessibile sono riuscite a reggere l’impatto e a vincere in un sistema di capitalismo a conduzione statale. Il suo business è guidato dal consumo, in un’economia dove la classe media è ancora in espansione e i consumi stanno esplodendo. E la sua ascesa, probabilmente, non si fermerà qui. Secondo alcune previsioni, il mercato dell’e-commerce cinese è destinato a superare entro il 2020 quelli di Stati Uniti, Gran Bretagna, Germana e Francia messi insieme. Mercati in cui comunque Alibaba è intenzionato ad entrare. Nel frattempo il suo fondatore è diventato l’uomo più ricco della Cina: 35esimo nella classifica Bloomberg dei paperoni del mondo. La sua fortuna è stimata in 21,8 miliardi di dollari. Ma, ovviamente, l’Ipo di Alibaba non farà che aumentare la fortuna di Ma.
di Cecilia Attanasio Ghezzi