Un’altra volta, la seconda per lui, in Procura per rievocare quei fatti. Il governatore della Lombardia Roberto Maroni, è tornato in mattinata davanti al pubblico ministero di Bologna Antonello Gustapane, per essere sentito come persona informata sui fatti nell’inchiesta bis sulla mancata scorta a Marco Biagi. Ministro del lavoro all’epoca dell’omicidio del giuslavorista da parte delle Nuove Brigate Rosse, nel colloquio di mercoledì 17 settembre col magistrato, Roberto Maroni per la prima volta avrebbe confermato un avvenimento ben preciso. L’esponente leghista avrebbe parlato all’allora ministro degli interni, Claudio Scajola, della relazione dei servizi segreti pubblicata dal settimanale Panorama il 15 marzo 2002, quattro giorni prima del delitto di via Valdonica. E il colloquio, secondo il ricordo di Maroni, sarebbe avvenuto prima dell’omicidio.
Non è chiaro se l’esponente leghista parlò in quella occasione con Scajola specificamente di Marco Biagi: ciò che è certo è che la relazione degli 007, pur senza citare il giuslavorista bolognese, metteva in guardia sui pericoli che avrebbero potuto correre “le personalità del mondo politico, sindacale e imprenditoriale maggiormente impegnate nelle riforme economico-sociali e del mercato del lavoro, e, segnatamente, quelle con ruoli chiave in veste di tecnici e consulenti”. Il settimanale Panorama nel pubblicare la notizia (e stralci del documento dei servizi) era stato ancora più esplicito: “Nel centro del mirino ci sarebbero soprattutto gli esponenti delle istituzioni impegnati su temi caldi come l’abolizione dell’articolo 18 su cui governo e sindacati si stanno scontrando da mesi. Ed è chiaro che in cima alla lista dei potenziali obiettivi delle nuove Br, anche se non espressamente citati nella relazione, ci sono il ministro del Welfare, Roberto Maroni e i suoi collaboratori più stretti che lavorano nell’ombra”. Si trattava quasi di un identikit di Marco Biagi, il quale dopo l’uccisione di Massimo D’Antona da parte delle Nuove Br nel 1999, era diventato l’esponente più in vista tra i consulenti del ministero.
A giugno, sentito dal pm Gustapane, Maroni aveva già ricordato di avere parlato con Scajola di Biagi e dei timori per la sua incolumità. “Al di là delle lettere, gli appunti e le segnalazioni – disse allora il governatore– c’era un’attività di indagine che evidenziava un grande e grave rischio per chi seguiva le vicende del mercato del lavoro, quindi io ed i miei collaboratori”. Ora sembra aggiungersi un nuovo particolare nella ricostruzione: quella notizia di stampa aveva messo tutti in allarme, Maroni per primo.
Poco prima di Maroni il pm Gustapane ha sentito anche Giuseppe Pecoraro, oggi prefetto di Roma, ai tempi del delitto capo della segreteria del dipartimento della pubblica sicurezza. Pecoraro avrebbe spiegato che il ministro dell’interno era tra le figure istituzionali che avevano il potere di disporre con urgenza le scorte. Cosa che effettivamente avvenne immediatamente per alcune figure, ma solo dopo l’omicidio di Marco Biagi. Il pm Antonello Gustapane e il procuratore capo Roberto Alfonso hanno aperto un’inchiesta con l’ipotesi di omicidio per omissione, per ora iscritto contro ignoti. Un’indagine analoga era stata archiviata nel 2004. Il lavoro dei pm è ripartito all’inizio del 2014, dopo il sequestro nell’archivio dell’ex segretario di Scajola Luciano Zocchi (nell’ambito di un’altra indagine) di alcuni documenti che potrebbero provare che l’allora ministro degli interni sapeva, prima dell’omicidio, dei pericoli corsi da Biagi. Lo stesso Scajola che nell’aprile 2002 negò in parlamento di avere mai saputo dei pericoli per il giuslavorista.