Un sedicente supporter dello Stato Islamico inquadra il cimitero delle Torri Gemelle e scatta il selfie del terrore: "Siamo qui, vi portiamo la guerra in casa". La foto, di cui non è possibile verificare l'autenticità, fa il giro dei network della propaganda del Califfato, arriva fino in Cina. E l'incubo delle intelligence si materializza in un tweet
La tattica non è nuova né originale. Il 10 agosto un sedicente supporter del Califfato aveva twittato da Washington inquadrando la Casa Bianca mentre l’hashtag #AmessagefromISIStoU raccoglie una serie di intimidazioni contro i cittadini americani. Ma stavolta il tempismo è da manuale. Mentre gli Usa danno il via ai primi bombardamenti a Baghdad (“colpiremo i loro santuari”) dal fronte opposto arrivano messaggi per rompere subito il fragile ottimismo della “coalizione anti Isis”. Di oggi la notizia di un appello a sorpresa di Al Qaeda ai gruppi terroristici del Maghreb islamico (Aqmi) e della Penisola Arabica (Aqap) a unirsi contro l’invasore. Ma la strategia va ben oltre. La chiamata alle armi non ha confini e quel tweet vuole dimostrarlo con evidenza istantanea. Noi ci siamo, siamo qui. Dove mai vorreste che fossimo.
Chi ha realizzato la foto non ha un volto: non è possibile verificare la sua identità, né quella del proprietario del profilo twitter, né capire se si tratti o meno di un fotomontaggio. Ma quello che conta sul piano mediatico è che viene esibita, postata, diffusa e commentata nei social network dove gli jihadisti riescono a fare proselitismo indisturbati. Se gli account vengono individuati e sospesi chi li usa ne attiva altri un secondo dopo. Non c’è prevenzione, non c’è rimedio. E’ evidente che chi l’ha scattata si rendeva perfettamente conto del rischio e non ha voluto correrlo. Lo si capisce perché la strada è deserta e un fascio di luce del mattino irrompe in camera. Se non bastasse il jihadista addetto alla propaganda di turno esplicita il messaggio in inglese, perché i destinatari non sono ancora le “cellule dormienti”, che si possono attivare, ma gli occidentali.
“Now, I can declare Is members are evrywhere” si legge nel ri-tweet di un account che ha la foto del Califfo al Baghdadi come profilo. Uno dei tanti che se ne sono appropriati per lanciare minacce all’Occindente. I suoi post lo collocano tra i più attivi addetti alla “contro-informazione” del’Is. Sotto l’immagine scorre un surreale dialogo a distanza, dove si addensano conversazioni con altri utenti e follower. In arabo e soprattutto in inglese, visto il vero destinatario del messaggio.
“E’ solo l’inizio. Porteremo la guerra a casa vostra”. E giù bordate da e tra patrioti americani versus militanti digitali. I primi non hanno preso bene, per usare un eufemismo, lo sfregio jihadista nel santuario delle Torri Gemelle. “La guerra è all’inizio”, gli risponde Dave W. “E non ci fermeremo”, incalza un altro. L’immagine corre veloce e penetra i circuiti della rete. La si trova perfino sui social cinesi, solitamente blindati, in pochi istanti. Porta un messaggio universale di sfida: venite pure, ma noi siamo già lì.