La decisione è stata presa dagli stessi pm senesi, Antonino Nastasi, Aldo Natalini e Giuseppe Grosso. "I fascicoli sono stati trasferiti a fine luglio. Era inutile far pronunciare il riesame, abbiamo voluto evitare sovrapposizioni"
Parte delle indagini relative al crac della Banca Mps verranno trasferite al tribunale di Milano per “incompetenza territoriale”. Lo hanno deciso i pm di Siena, Antonino Nastasi, Aldo Natalini e Giuseppe Grosso, titolari delle inchieste sulla banca toscana. I fascicoli sono quelli relativi alle indagini sulle operazioni Alexandria e Santorini, i derivati che sono costati all’istituto senese perdite per centinaia di milioni di euro. Il tribunale aveva già ricevuto tutto il fascicolo relativo all’inchiesta sull’acquisizione di Antonveneta. Nelle aule toscane rimarranno invece le carte relative alla “banda del 5%” e altri fascicoli stralcio comunque legati a questo.
La decisione di dichiararsi incompetenti è stata annunciata dagli stessi pm senesi ai giudici del tribunale del riesame del capoluogo toscano che doveva anche valutare, mercoledì, il ricorso dei pubblici ministeri riguardo alla decisione del gip di Siena che aveva bloccato il sequestro di 1,8 miliardi alla banca giapponese Nomura nell’ambito dell’inchiesta su Antonveneta. “I fascicoli su Alexandria e Santorini”, spiegano i magistrati, “sono stati trasferiti a Milano a fine luglio. Era inutile far pronunciare il riesame, abbiamo voluto evitare sovrapposizioni con i colleghi di Milano”.
La vicenda Alexandria, resa nota nel gennaio 2013 da un articolo de Il Fatto Quotidiano, è iniziata nel 2006 quando l’istituto senese ha comprato dalla tedesca Dresdner bank il contratto derivato Alexandria, che provocherà un buco di 220 milioni di euro nel suo bilancio. Nel 2009, dopo l’acquisizione di Antonveneta per oltre 9 miliardi di euro, per ristrutturare il debito i vertici della banca hanno poi venduto alla giapponese Nomura un blocco di titoli con scadenza trentennale impegnandosi a riacquistarli successivamente a un prezzo più elevato. Contratto che, insieme all’operazione Santorini “disegnata” da Deutsche bank e a Nota Italia, targata Jp Morgan, impatterà negativamente sul patrimonio del Monte per oltre 730 milioni di euro.