Renzi cede alle richieste della sinistra democratica, ma con il "trucco" perché rafforza la componente dei suoi fedelissimi. E la minoranza promette: "Chiederemo una verifica durante la discussione sulla legge di Stabilità. E ci riprenderemo il partito"
“Una segreteria debolissima, per lo più di giovani alla prima esperienza, che non servirà a nulla, e resterà tutta nelle mani di Renzi, Guerini e Serracchiani”. La farsa, così come in Transatlantico la definiscono parlamentari di lungo corso di fede bersaniana, si consuma dopo l’apertura dei tg delle 20, quando il premier-segretario – dopo aver sciorinato i mille giorni di riforme che l’esecutivo condividerà con il Partito democratico – rompe gli indugi e annuncia la nuova segreteria “plurale” di Largo del Nazareno. Nel braccio di ferro fra bersaniani e renziani la spunta il presidente del Consiglio. Il quale cede sì alle richieste di “area riformista” (bersaniani e dalemiani) – che avevano evocato una conferenza programmatica sul Jobs act e sulla legge di stabilità – ma con il trucco. E “il trucco” consiste in un vertice del Pd nuovo di zecca (resta soltanto Filippo Taddei del precedente corso, oltre ai due vice Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani), con 8 donne e 7 uomini, a trazione fortemente renziana. Allora fuori Alessia Morani, Davide Faraone e Francesco Nicodemo che “lasciano la segreteria per nuove responsabilità”: la prima è data per favorita il ruolo di vicecapogruppo Montecitorio, Faraone è in pole position per il posto di sottosegretario all’Istruzione, mentre Nicodemo dovrebbe rientrare nel prossimo giro di nomine degli uffici di diretta collaborazione di Palazzo Chigi. Dentro, quindi Enzo Amendola, Giorgio Tonini, David Ermini, Ernesto Carbone, Andrea De Maria, Stefania Covello, Francesca Puglisi, Lorenza Bonaccorsi, Sabrina Capozzoli, Chiara Braga, Valentina Paris, Micaela Campana, Alessia Rotta.
Ecco, insomma il nuovo corso “unitario e plurale” del Nazareno. Il capo dell’esecutivo che per qualche ora torna a vestire i panni del segretario cucina l’organo che accompagnerà il percorso dei mille giorni dell’esecutivo a pochi minuti dall’inizio della direzione. Raccontano a ilfattoquotidiano.it che abbia scelto uno per uno i nomi della nuova segreteria cercando di pesare con il bilancino le correnti interne alla maggioranza renziana, ormai allargata a franceschiniani e Giovani turchi. E confinando in un angolo la minoranza bersanian-dalemiana-cuperliana con soli tre nomi. Ecco perché alla Camera quando arriva la lista dei nomi fra la minoranza cala il silenzio. “E’ una farsa, ma ci rifaremo presto: chiederemo una verifica fra due mesi nel bel mezzo della legge di stabilità”, confida un dalemiano. “Mi sembra tutto surreale – si lamenta Pippo Civati con ilfatto.it – Sono tutti parlamentari della Camera, c’è un solo senatore (Tonini), non ci sono le deleghe, non c’è stato dibattito. Dopodiché, noi non abbiamo chiesto posti ma siamo disponibili a dare un contributo”.
Posti occupati per lo più da renziani. I duri e puri del nuovo corso, quelli che al Nazareno chiamano “della prima ora”, sono sei. Così tra i nuovi arrivati si annovera il fiorentino di Figline Valdarno David Ermini. Parlamentare alla prima legislatura, Ermini è un avvocato penalista cassazionista, che è stato capogruppo della Margherita in provincia di Firenze quando a presiederla era Matteo Renzi. Non fa parte del giglio magico, ma è un renziano della primissima ora. Per questo motivo l’inquilino del Nazareno e di Palazzo Chigi potrebbe affidargli una delega di primo piano, come la giustizia. Altro renzianissimo è Ernesto Carbone. Un tempo prodiano e poi lettiano, oggi l’avvocato ed ex membro del consiglio di amministrazione della Sin, controllata dell’agenzia per le erogazioni in agricoltura, viene definito “la sentinella del renzismo a Montecitorio”. Al punto che, secondi i bene informati, avrebbe condotto le trattative che hanno portato al passaggio di tre vendoliani in casa Pd tra il giugno e il luglio scorso. Curiosità, è lui l’autista della smart con cui il premier-segretario si è recato al Quirinale per la nascita dell’attuale esecutivo.
Sempre riconducibile all’entourage del premier è il nome del senatore Giorgio Tonini. Un passato nell’azione cattolica, Tonini approda per la prima volta a Palazzo Madama nel 2001. Alla corte di Walter Veltroni ha seguito passo dopo passo la nascita del Nazareno, accompagnando l’ex segretario nella sventurata campagna elettorale del 2008, in cui Veltroni venne sconfitto dal solito B. E forse non è un caso che proprio oggi in un Transatlantico superaffollato per la votazione dei giudici della Consulta sia stata vista la sagoma di Veltroni parlare vicina a quella esponenti democratici di fede renziana. A questi, sempre in orbita renziana, si aggiungono: la salernitana Sabrina Capozzolo, fra le più giovani in parlamento (classe ’86) e nota alle cronache per un recente selfie in Aula con il tesoriere Francesco Bonifazi, la ex rutelliana Lorenza Bonaccorsi, Alessia Rotta (esperta di lavoro, della quale il premier ha apprezzato le recenti uscite televisive). E infine la calabrese Stefania Covello, figlia di un ex senatore Dc, già consigliere provinciale, e fino a poco tempo appartenente all’area popolare di Beppe Fioroni.
In rappresentanza dell’area di Dario Franceschini sbarca Emanuele Fiano, milanese, capogruppo in commissione affari costituzionali, già in ballo per uno posto di ministro o di sottosegretario ai tempi della nascita del governo Renzi, cui il premier “doveva un upgrade – confidano – per la preparazione e la fedeltà all’esecutivo”. Francesca Puglisi, marchigiana, oggi capogruppo della commissione Istruzione, già promessa ministro al posto di Stefania Giannini. E infine Chiara Braga, classe ’79, alla seconda legislatura e che può annoverare un’esperienza di assessore all’urbanistica e vicesindaco di un comune del Comasco (Bregnano) e quella di responsabile nazionale politiche per la difesa del territorio del Pd. Dentro anche il dalemiano esperto di esteri Enzo Amendola – che ha rivestito il ruolo di segretario regionale in Campania nei Ds e nel Pd, la bersaniana Micaela Campana, il cuperliano Andrea De Maria e la giovane turca Valentina Paris.
Ma la minoranza bersanian-dalemiana non demorde. E giura che fra due mesi “chiederemo una verifica di segreteria”. Una sorta di “rimpasto” fra i componenti del vertice del Nazareno. Verifica che a detta di alcuni di loro si consumerà quando in Parlamento arriverà la legge di stabilità. Così, spiegano a ilfattoquotidiano.it, “proveremo a riprenderci il partito”.