E’ comprensibile che una generazione che si affaccia alla scena della storia, rivendichi per sé il ruolo di innovatrice. Nell’ambiente culturale del capitalismo industriale e finanziario il cambiamento, addirittura il semplice movimento, sono divenuti sinonimi di miglioramento e di progresso e dunque sono valori: è ovvio che chi sopraggiunge si proponga non solo come ‘nuovo’, ma come ‘portatore di un mondo nuovo migliore per tutti’.
Quali sono i titoli che la nuova generazione esibisce per legittimarsi nel ruolo di innovatrice? Storicamente, gli esempi sono vari: un livello di istruzione più alto, la fede in un nuovo ideale, esperienze cruciali e drastiche come una guerra o l’emigrazione, la padronanza di tecnologie nuove, la reazione ai difetti e limiti dell’assetto sociale esistente e così via.
C’è poi la possibilità che la nuova generazione rivendichi il ruolo di innovatrice in nome semplicemente della propria giovinezza. L’argomento non è del tutto inconsistente. Proprio chi è anziano sa quanta energia, effervescenza, forza mentale e fisica, immaginazione i giovani possiedono, che gli anziani non possiedono più. Tuttavia questa superiorità della giovinezza è solo un fatto fisiologico: per cambiare il mondo essere giovani è qualità utile, persino necessaria, certo non sufficiente. Per definire gli obbiettivi e costruire le strategie del cambiamento ci vogliono anche competenze, valori, persino un pizzico della tanto bistrattata ideologia. In mancanza dei quali e per riempire il vuoto che la loro assenza lascia, si finisce con il convertire la giovinezza da condizione anagrafica a mito. Per giunta a mito manicheo. Non solo ‘giovane è bello’; ma ‘tutto ciò che non è giovane è brutto’.
Mi sembra che questa filosofia ispiri le azioni del nostro Presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi. A livello di immagine Renzi si propone sempre come giovane: maniche di camicia, modi di salutare da adolescente, esibita pratica di tutti gli sport, passo sempre agile e scattante, ricorso continuo all’uso di gadget elettronici, eloquio semplicistico fino ad essere elementare, perfino le provocazioni scherzose (il gelato) o tutt’altro che scherzose (‘Stai sereno, Enrico’), rimandano allo stile dei nostri adolescenti. La definizione che dà dei suoi avversari è significativa. Chiunque si opponeva a Berlusconi non poteva che essere comunista; così chiunque non è d’accordo con Renzi non può che essere rosicone, gufo, pantofolaio timoroso del cambiamento, vecchio incollato alla sua poltrona o, peggio, ai suoi privilegi. L’opposizione manichea tra vecchi e giovani investe l’intera realtà sociopolitica: per venti o trent’anni (non state a sottilizzare) in questo Paese non si è fatto nulla, la vita politica è stata una palude, ora è giunto il momento di cambiare passo, verso, andatura.
Ci sarebbero molte obiezioni da muovere a questa analisi della realtà italiana. Ne scelgo due. Il principale alleato politico di Renzi è Berlusconi: un vecchio, un uomo quasi ottuagenario, altro che giovane e nuovo! E comunque quand’era Presidente del Consiglio ha prodotto un cospicuo numero di leggi e provvedimenti, di cui alcune hanno riguardato bazzecole del calibro per esempio dell’assetto della Rai e della regolamentazione dell’immigrazione. Mario Monti in un anno di governo ha fatto una riforma delle pensioni pessima ma radicale, che ha cambiato la vita di milioni di italiani. Per non parlare delle iniziative legislative che Enrico Letta aveva avviato e che Renzi rivendica come proprie. Fare leggi cattive non vuol dire ‘non fare nessuna legge’.
La seconda obiezione. Renzi sembra aver dimenticato che uomini dell’età sua o ancora più giovani di lui costituiscono il nerbo della delinquenza organizzata; che sono giovani e molto giovani gli spacciatori, i pusher, i consumatori di droghe pesanti e i tifosi violenti; e se non si può dire che siano tutti sotto i quaranta anni gli evasori fiscali e gli esportatori di capitali, è vero che sono giovani senza lavoro quelli che per disperazione ogni anno scelgono la carriera di portaborse e vanno a impinguare le fila del clientelismo italiano. Ma nei discorsi di Renzi giovane è bello; e ciò che è giovane ma brutto e cattivo? Semplicemente non se ne parla, e non esiste più.
Renzi non è responsabile di ciò che ha ereditato. Certo che no. E’ responsabile delle imprecisioni, bugie, affermazioni gratuite e superficiali, errori che va predicando ai quattro venti; e della presunzione e dell’intolleranza con cui predica. Per un Presidente del Consiglio non mi sembra un peccato veniale.