Con la traduzione casereccia dell’antico “se vuoi la pace prepara la guerra”, Matteo Renzi non esclude il voto anticipato, così da indurre a più miti consigli le fronde parlamentari di Pd e Forza Italia che per dieci sedute consecutive hanno impedito l’elezione alla Consulta dei candidati scelti dalla premiata ditta Renzusconi.
Il ricatto è semplice: cari ribelli, o la smettete di piantare grane e approvate tutto quello che vi ordino, perché il Paese non può attendere i vostri comodi, oppure sbaracco tutto e col cavolo che io e il mio socio di Cesano Boscone vi ricandidiamo. In teoria, con elezioni nella primavera 2015 (quando si voterà per le Regionali), il premier prenderebbe non due, ma tre piccioni. Porterebbe subito all’incasso il boom delle Europee del maggio scorso assicurandosi per il futuro quinquennio il controllo di Camera e Senato, con gruppi parlamentari di assoluta fedeltà. Avrebbe mano libera nello stravolgimento della Costituzione, che potrebbe riscrivere a sua immagine senza inutili perdite di tempo. Dopodiché il successore di Napolitano al Quirinale non potrebbe che essere un uomo suo, completando il quadro della democrazia autoritaria che questo giornale denuncia da tempo. Del resto, è destino del Turbopremier fare tutto in fretta, prima che l’effetto-annunci evapori e con esso il favore dei cittadini.
Ma c’è un rovescio della medaglia che complica assai le cose. Primo: se Renzi decidesse di dimettersi, Re Giorgio non sarebbe obbligato a sciogliere le Camere e anzi potrebbe favorire la nascita di un nuovo governo tecnico per l’emergenza. Secondo: la campagna elettorale del premier si scontrerebbe con il rigore di bilancio preteso dall’Europa e chiedere il voto mentre si tagliano 20 miliardi di spesa pubblica non è la ricetta ideale. Terzo: con quale legge elettorale si andrebbe alle urne, visto che l’Italicum marcisce da mesi e l’accordo con Berlusconi non sembra così automatico? Quarto: la strombazzata riforma del Senato diventerebbe una barzelletta, visto che si tornerebbe a eleggere lo stesso Senato di oggi con gli stessi poteri. Niente paura dunque, siamo come sempre alla penultima spiaggia.
il Fatto Quotiano 17 Settembre 2014