Un fantoccio impiccato con la foto dell’assessore alla Mobilità del comune di Milano, Pierfrancesco Maran. Appeso al manichino, un cartello: “Go home” e una seconda foto, quella di Benedetta Arese Lucini, la manager italiana di Uber. È successo martedì mattina a Milano, in via Donati. Il gesto non è stato rivendicato ma rientra probabilmente nelle proteste degli ultimi mesi dei tassisti contro l’app di autonoleggio autorizzata dal Comune. L’ultimo episodio a inizio settembre, quando alla festa dell’Unità di Milano un gruppo di tassisti ha protestato contro la general manager di Uber Italia. Protesta tanto feroce da costringere Benedetta Arese Lucini ad essere circondata e protetta dagli agenti della Digos.
Rispetto al manichino impiccato, condanna unanime del gesto, definito dal sindaco Giuliano Pisapia “vile e vergognoso”. “L’assessore Maran, a cui va la massima solidarietà, lavorerà con più forza di prima, nella consapevolezza di quanto fatto in questi anni e del suo costante impegno – ha aggiunto Pisapia – Il confronto su tutti i temi, compreso ovviamente quello della mobilità, ci sarà sempre. Ma una cosa è confrontarsi, altra cosa è il gesto vergognoso che è stato messo in scena”. Parole di solidarietà anche da parte di Barbara Pollastrini e Emanuele Fiano del Pd. “Nessuna diversità di opinione può consentire di evocare gesti violenti o addirittura mortali”, ha detto Fiano, responsabile Sicurezza del Pd. “La difesa di un interesse e delle proprie ragioni, anche se legittime – ha detto a sua volta Luca Squeri, deputato e coordinatore provinciale di Forza Italia – non può giustificare in nessun modo gesti intimidatori come quello di cui è stato bersaglio l’assessore”. Intanto il prefetto di Milano Francesco Paolo Tronca ha immediatamente disposto “l’adozione di adeguate misure di attenzione” nei confronti di Maran, dell’ad di Uber Italia Lucini e della sede della multinazionale.