L'antimafia di Reggio Calabria ha smantellato un'organizzazione di narcotrafficanti e arrestato sette persone legate alla cosca Jerinò di Gioiosa Ionica. La droga partiva dal Sudamerica ed era diretta anche al mercato del nord Italia
La cocaina era nascosta all’interno di assi di parquet o nei profilati metallici. “Ulivo 99”, invece, era l’account di posta elettronica utilizzato da un’organizzazione di trafficanti di droga riconducile alla cosca Jerinò di Gioiosa Ionica (Reggio Calabria). Nei messaggi si utilizzava un linguaggio criptico ma in realtà il boss della Locride e i suoi uomini si riferivano ai panetti di cocaina. Ne hanno sequestrati 400 chili i carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria che, coordinati dal procuratore Federico Cafiero De Raho e dall’aggiunto Nicola Gratteri, stamattina (18 settembre) all’alba hanno eseguito un provvedimento di fermo per sette persone accusate di traffico internazionale di cocaina.
Tra questi anche il boss Giuseppe Jerinò, figlio del patriarca Francesco detto “Maniglia”. Era lui, secondo la Direzione distrettuale antimafia, il vertice dell’organizzazione, il finanziatore capace di fare arrivare dal Sudamerica grossi quantitativi di cocaina. La droga viaggiava lungo l’asse Bolivia-Olanda-Romania-Santhìa, in provincia di Vercelli-Gioiosa Ionica. Il blitz, al quale hanno partecipato oltre 150 carabinieri, è scattato a Gioiosa Ionica, Roccella Ionica, Caulonia Marina, Placanica, Vigevano, Torino e Cesena. Nella rete della Dda sono finiti anche i complici di Jerinò tra cui alcuni imprenditori nel campo di legnami.
Le indagini hanno preso il via dalle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia. Verbali che sono stati riscontrati dagli investigatori grazie alle intercettazioni telefoniche che hanno consentito di dimostrare l’operatività dell’associazione con due sequestri: il primo di 329 chili di cocaina in Paraguay, nel porto di Caacupemì, il secondo presso il porto di Rotterdam, in Olanda, dove i carabinieri hanno rinvenuto altri 70 chili di droga.
I dettagli dell’operazione sono stati illustrati dal procuratore De Raho che, in conferenza stampa, ha affermato: “La ‘ndrangheta gestisce il traffico internazionale di stupefacenti. Questa operazione evidenzia come la gestione abbia riguardato non solo il territorio nazionale ma anche l’estero. Era un traffico destinato in gran parte a città del nord Italia. Abbiamo proceduto con il fermo perché alcuni indagati avevano appreso delle indagini in corso e già si preparavano a espatriare. Due di loro avevano già comprato i biglietti per andare all’estero in città sudamericane”.
Il procuratore si è soffermato anche sulla figura di Giuseppe Jerinò: “E’ uno dei capi della ‘ndrangheta della Locride dove prosperano le famiglie mafiose più significative nel traffico di sostanze stupefacenti”. “Le spedizioni della cocaina – ha aggiunto il magistrato Gratteri – stanno avvenendo sempre di più dai Paesi meridionali del Sudamerica. I reati transnazionali non hanno confine per cui non fermiamoci a pensare alla Provincia di Reggio, alla Locride o alla Calabria. Per noi esiste il mondo, cioè dove c’è la ‘ndrangheta e i grandi traffici cerchiamo di essere presenti per contrastarli. La cosca Jerinò è una famiglia di serie A della ‘ndrangheta. Dopo la collaborazione di uno dei fratelli di Giuseppe Jerinò, la cosca si è riorganizzata”.
Il procuratore aggiunto Nicola Gratteri, inoltre, ha sottolineato la figura di Angelo Scuteri, “un soggetto che ha un respiro internazionale e che si muove tra il Sudamerica e l’Europa come noi ci muoviamo a Reggio Calabria. E’ una persona che riesce a intessere rapporti con società di import-export e ad acquistare grossi quantitativi di cocaina”. “L’ organizzazione – scrivono infatti i magistrati nel provvedimento di fermo – era strutturata in maniera tutt’altro che rudimentale, disponendo di una società di copertura, la Mondoparquet con sede in Santhià diretta alla lavorazione del legno, nella riconducibilità di Scuteri Angelo. Tale società era adusa ad effettuare importazioni di legname dal Sudamerica in Italia per la produzione di lavorati. Le indagini hanno dimostrato che tale società, lungi dallo svolgere tale attività lecita, era utilizzata per effettuare importazioni di ingenti quantitativi di cocaina. Le indagini hanno permesso altresì di individuare dei broker e dei soggetti il cui ruolo era quello di fare la spola tra la Calabria e il Piemonte per trasmettere direttive importanti o consegnare denaro per il finanziamento”.