Le indagini sulla tragedia del 13 settembre al largo di Malta, svelano una possibile lite tra trafficanti che avrebbero intenzionalmente speronato l'imbarcazione perché i profughi si sono rifiutati di saltare su una nave più piccola e inadeguata. Il bilancio della tragedia non è definitivo ma sarebbero annegate oltre 400 persone
Sarebbe stata un’azione volontaria a causare l’affondamento dell’imbarcazione che ha provocato la morte di oltre 400 migranti avvenuta in acque internazionali a largo di Malta sabato 13 settembre. Le indagini condotte dalla Procura di Catania in collaborazione con le autorità giudiziarie di Egitto, Grecia e Malta indicano che un’imbarcazione abbia volontariamente speronato la barca più piccola perché le persone a bordo del natante poi affondato si sarebbero rifiutati di trasbordare su “un’imbarcazione inadeguata a reggere il numero dei passeggeri” secondo le parole della Procura.
Secondo la testimonianza dei sopravvissuti, i migranti sono partiti dalle coste dell’Egitto e dopo aver cambiato diverse imbarcazioni lungo la rotta, i trafficanti hanno chiesto loro di “trasbordare” su una nave più piccola e precaria. A causa del rifiuto delle persone a bordo è nato uno scontro con gli scafisti, che hanno speronato il barcone facendolo affondare. La maggior parte delle persone a bordo è affogata in mare, altri si sono salvati aggrappandosi a mezzi di fortuna. Finora sono stati soccorsi complessivamente undici naufraghi mentre nonostante il bilancio della strage sia imprecisato alcuni cadaveri sono stati recuperati e tra questi ci sono due bambini.
“La conferma definita di questa ipotesi – continua la nota della Procura catanese- potrà venire solo al termine delle indagini condotte dalla Squadra Mobile di Ragusa e le Capitanerie di Porto italiane e degli altri Paesi”. Gli accertamenti “sono volti a individuare il punto in cui il naufragio si è verificato, valutando di conseguenza, la possibilità di recupero del relitto e delle salme” si legge ancora nella nota. “Gli immigrati che stanno rendendo dichiarazioni – fa sapere la Procura etnea- sono attualmente tutelati. Il materiale probatorio raccolto nell’ambito di altre indagini, e quello che si va oggi consolidando, permettono significativi progressi nell’individuazione della struttura criminale responsabile dell’evento, un fatto che spinge gli investigatori a tenersi più abbottonati possibile”.
“Nuove informazioni – conclude la Procura- verranno rese note non appena sarà possibile darne conferma definitiva e senza intralciare le indagini in corso. Un riserbo che le autorità di polizia e giudiziarie giustificano con la rilevanza criminale di quanto accaduto in mare che se interamente confermato sarebbe di eccezionale gravità”.