Nel nuovo processo d’appello per il caso Thyssenkrupp le condanne inflitte agli imputati dovranno essere ridefinite ma non potranno aumentare. Lo ha stabilito, in base a quanto si legge nelle motivazioni della sentenza, la Corte di Cassazione. In appello, a Torino, ai 6 imputati per l’incendio che nel 2007 uccise 7 operai nello stabilimento erano state inflitte condanne fra i 10 e i 7 anni di reclusione. Lo scorso 24 aprile la Cassazione ha ordinato un nuovo processo di secondo grado per rideterminare le pene ma “le sanzioni già inflitte – si legge nella sentenza – non potranno essere aumentate”. I giudici precisano che “dalla data della presente sentenza il decorso del tempo è irrilevante ai fini della prescrizione”. I magistrati hanno ordinato un nuovo processo d’appello, che dovrà essere celebrato a Torino, e hanno sancito “la responsabilità di tutti gli imputati” per rimozione volontaria di cautele contro gli incidenti, omicidio colposo e incendio.
La holding Thyssenkrupp, dopo un disastroso incendio del 2006 in Germania, “aveva avviato una decisa campagna di lotta senza quartiere al fuoco” si legge tra l’altro nelle motivazioni della sentenza in riferimento alla questione dei focolai che si verificavano negli stabilimenti dell’acciaieria durante le lavorazioni. I supremi giudici hanno sviluppato questa considerazione nel passaggio in cui espongono il motivo per il quale l’amministratore delegato Harald Espenhahn non deve, a differenza di quanto ha sempre sostenuto la procura di Torino, essere condannato per omicidio volontario con dolo eventuale, ma per omicidio colposo. “Il fatto – scrivono – è che la holding aveva avviato una decisa campagna di lotta senza quartiere al fuoco. Espenhahn era un importante dirigente, al quale era stato affidato un ruolo di grande rilievo: nulla induce a ritenere che egli abbia scientemente disatteso tale forte indicazione di politica aziendale”.