Folla inferocita contro operatori sanitari in Guinea. Nel villaggio di Womè, un team di otto persone tra operatori sanitari specializzati nella lotta all’ebola e giornalisti è stato massacrato a colpi di machete, ha reso noto il premier della Guinea, Mohamed Saïd Fofana, in un annuncio dato alla tv di Stato. Tra le vittime ci sono tre giornalisti radiofonici guineani. L’equipe medica era in missione di sensibilizzazione sui rischi sanitari del virus in diversi villaggi della Guinea, uno dei tre Paesi al centro dell’epidemia. Non è la prima volta che nei villaggi rurali dell’Africa occidentale ci sono reazioni violente dettate dalla credenza che il virus dell’ebola sia un’invenzione dell’uomo bianco. Ora, per la prima volta le superstizioni della popolazione dei Paesi africani colpiti alla lotta al virus sono sfociate in omicidio.
La crisi provocata dal virus Ebola “è una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale“. È l’allarme lanciato dalle Nazioni Unite per la diffusione di un’epidemia che il direttore dell’Oms, Margaret Chan, non esita a definire “non solo un’emergenza sanitaria, ma una vera e propria crisi umanitaria, economica e sociale”. E dopo l’annuncio di Obama, che invierà 3.000 soldati nelle regioni colpite, anche il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha dato il via a una missione di emergenza (Unmeer) per coordinare la lotta contro la malattia e inviare personale nei Paesi in cui si annidano i focolai (Sierra Leone, Guinea e Liberia). Un’appello, quindi, per rafforzare la risposta globale alla diffusione del virus letale in Africa occidentale i cui Paesi – è l’appello delle Nazioni Unite – “non devono essere isolati” dalla comunità internazionale. Le priorità strategiche della missione saranno quelle di fermare la diffusione della malattia, curare i pazienti infetti, garantire servizi essenziali e di prevenzione.
Sul fronte istituzionale, Ban ha convocato un vertice dei capi di Stato per discutere l’emergenza Ebola, il prossimo 25 settembre, durante l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, a cui dovrebbe partecipare anche il presidente americano Barack Obama. Una risposta che tuttavia è tardiva per il Parlamento europeo, il quale in una risoluzione bipartisan approvata in sessione plenaria denuncia come la comunità internazionale abbia finora “sottovalutato” l’epidemia e “tardato a elaborare” una risposta. Ora – afferma l’assemblea di Strasburgo – il Consiglio di Sicurezza deve pensare a inviare risorse di difesa militari e civili. E la Ue deve intensificare gli sforzi a tutto campo, con il Consiglio europeo che ha esortato a convocare una riunione ministeriale “per stabilire un piano d’emergenza“.
Gli ultimi dati dell’Oms parlano di una situazione particolarmente allarmante: per la prima volta dall’inizio dell’epidemia, la scorsa settimana ci sono stati più di 700 nuovi casi di Ebola in Africa. Un escalation che in soli sette giorni porta il numero totale dei malati a 5.335, con 2.622 morti. Più della metà di questi si sono verificati negli ultimi 21 giorni. E mentre l’Oms aggiorna il bilancio dei morti, il Consiglio di Sicurezza “invita gli Stati membri ad abolire le restrizioni sui viaggi e alle frontiere, che contribuiscono ad un ulteriore isolamento dei Paesi colpiti”. Anche le compagnie aeree e navali sono invitate a mantenere i collegamenti. E si chiede agli Stati membri di “fornire assistenza urgente, compresi ospedali da campo e personale”.
In Italia, si continua a ripeterlo, non c’è rischio di contagio: ad affermarlo è Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dello Spallanzani di Roma, centro italiano di riferimento per l’Ebola. “Il rischio di contagio è zero, o assolutamente vicino allo zero – sottolinea Ippolito – L’Italia ha la capacità di gestire eventuali casi, ma il grande lavoro va fatto in Africa, e le istituzioni italiane devono lavorare sul campo”. Nel frattempo, la volontaria francese di Medici Senza Frontiere contagiata in Liberia sta per essere rimpatriata e ricoverata nell’ospedale militare di Saint-Mandè, alle porte di Parigi.