La guerra, come recentemente affermato da Papa Francesco, è una follia. Il grosso problema è che c’è chi ci guadagna, eccome.
Weston, Falk e D’Amato, rinomati studiosi statunitensi di diritto internazionale, hanno calcolato come, dal 1945 al 1980, si siano verificate, nonostante gli auspici contenuti nella Carta delle Nazioni Unite, più di cento guerre con un totale di circa 25 milioni di vittime. Secondo la National Defence Council Foundation, nel 2002 erano in corso 53 conflitti armati. Oggi, a dodici anni di distanza, sono certamente di più.
Non fu un teorico marxista, ma un generale che divenne presidente degli Stati Uniti a richiamare a suo tempo l’attenzione pubblica sul pericolo per la democrazia e la pace rappresentato dal complesso militare-industriale. Nel suo discorso d’addio alla nazione, Ike Eisenhower affermava fra l’altro quanto segue: “Questa congiunzione tra un immenso corpo di istituzioni militari ed un’enorme industria di armamenti è nuovo nell’esperienza americana. L’influenza totale nell’economia, nella politica, anche nella spiritualità, viene sentita in ogni città, in ogni organismo statale, in ogni ufficio del governo federale. Noi riconosciamo il bisogno imperativo di questo sviluppo. Ma tuttavia non dobbiamo mancare di comprendere le sue gravi implicazioni. La nostra filosofia ed etica, le nostre risorse ed il nostro stile di vita vengono coinvolti; la struttura portante della nostra società. Nei concili di governo, dobbiamo guardarci le spalle contro l’acquisizione di influenze che non danno garanzie, sia palesi che occulte, esercitate dal complesso militare-industriale. Il potenziale per l’ascesa disastrosa di poteri che scavalcano la loro sede e le loro prerogative esiste ora e persisterà in futuro. Non dobbiamo mai permettere che il peso di questa combinazione di poteri metta in pericolo le nostre libertà o processi democratici. Non dobbiamo presumere che nessun diritto sia dato per garantito”.
Parole lucide e premonitrici, di grande ed amara attualità. A cinquantacinque anni di distanza il complesso militare-industriale, fortemente avviluppato alla finanza transnazionale e forte di rappresentare un settore che non conosce crisi, controlla saldamente i principali governi dell’Occidente, compreso il nostro.
Per garantirsi i suoi enormi profitti, il complesso in questione sa agire in modo spregiudicato e furbesco. Prendiamo il recente caso dell’Isis, la congrega di tagliagole che sta prosperando in Siria ed Iraq per una serie di fattori, quasi tutti riconducibili alle fallimentari politiche condotte dagli Stati Uniti nell’area.
Sarebbe interessante quanta parte degli armamenti inviati dall’Occidente ai Paesi che stanno dietro tale congrega, Arabia Saudita, Qatar, Emirati, ecc. , sia finita nelle mani dell’Isis. Solo l’Italia ha venduto nel solo 2013 126 milioni di dollari di armamenti all’Arabia Saudita e 95 milioni di dollari agli Emirati. Immaginatevi le tangenti.
Oggi, Renzi ha la faccia tosta di chiedere a un Paese, come il nostro, in ginocchio per la crisi, 100 milioni di spesa per armamenti al giorno per ottemperare alle richieste della Nato. Prima si armano i terroristi, poi si scatenano contro di loro crociate e bombardamenti a tappeto (di scontro sul terreno non si parla, troppi rischi militari e politici)che provocheranno per l’ennesima volta migliaia di morti innocenti.
Nel frattempo la popolazione di Gaza e di altre disgraziate regioni del pianeta fornisce le cavie umane per sperimentare l’efficacia degli armamenti, motivo forse non secondario del massacro scatenato poco tempo fa da Netanyahu. Il sistema è folle ed è fuori controllo. Perdono le vittime della guerra, perdono i cittadini vessati dal fisco per sostenere le spese militari, guadagnano solo gli esponenti del complesso militare-industriale e i politici burattini che li rappresentano. Eisenhower aveva ragione.
Se fosse stato, oltre a un militare e politico onesto, anche un teorico marxista, Ike avrebbe capito come la spinta verso il rafforzamento del complesso militare-industriale, che costituisce il più possente fattore che spinge verso la guerra, costituisca una tendenza inevitabile per un capitalismo oramai in crisi definitiva, le cui risorse ingenti non servono a soddisfare i bisogni insoddisfatti della grande maggioranza della popolazione mondiale, ma a porre le condizioni per il suo sterminio.
Il complesso militare-industriale va denunciato pubblicamente, fermato e smantellato. Per fermare le bande terroriste finanziate e sostenute da settori reazionari, per i loro interessi politici smettano innanzitutto di armarle, direttamente e indirettamente. Si armino invece i popoli, come quello curdo e tanti altri, sostenendone gli sforzi ammirevoli con una grande solidarietà politica e militante.
Autodifesa militante dei popoli, negoziato per risolvere le controversie internazionali, fine dell’insensata spesa per gli armamenti. Questa è la via della pace. Altrimenti precipiteremo tutti nel baratro scavato dal complesso militare-industriale e dai suoi burattini. Impoveriti dalle spese militari ovvero direttamente polverizzati dai micidiali ordigni di morte con esse acquistati.
A un secolo di distanza dall’orrendo macello della Prima guerra mondiale chiediamo, insieme a Don Albino Bizzotto e altri preti pacifisti, la riabilitazione dei decimati, disertori e disobbedienti di guerra. La Pinotti ha pensato bene, per tutta risposta, di regalare al Pontefice un altare da campo.