Cronaca

Yara Gambirasio, testimone: “Il giorno dopo sorvolai il campo, il corpo non c’era”

Un uomo, esperto di volo e volontario della protezione civile, si è presentato in Procura a Bergamo. Secondo la sua versione la 13enne non venne uccisa nel campo di Chignolo d'Isola dove il cadavere della ragazza venne ritrovato il 26 febbraio 2011

“Il giorno dopo la scomparsa di Yara Gambirasio sorvolai il campo di Chignolo d’Isola e non vidi il corpo”. E’ quanto sostiene, in sistesi, un testimone che questa mattina (venerdì 19 settembre) si è presentato negli uffici della Procura di Bergamo per spiegare ai magistrati – che indagano sulla morte della 13enne – che il corpo della ragazzina non era abbandonato nel prato incolto né il giorno dopo la scomparsa, né i giorni successivi, accreditando quindi la tesi che la ragazzina non sia morta nel luogo del ritrovamento

Da quanto si apprende, l’uomo (un esperto di volo e un volontario della protezione civile), due-tre giorni dopo quel 26 novembre 2010, sorvolò in addestramento l’area, vicino alla zona industriale e alla discoteca dove tre mesi dopo venne trovato il corpo senza vita della giovane di Brembate di Sopra (Bergamo), e non notò nulla di strano. In quei giorni la neve non avrebbe impedito il volo e secondo il testimone il manto bianco, in teoria, non avrebbe comunque coperto del tutto il cadavere di Yara che venne scoperto solo il 26 febbraio 2011.

Non solo: il 12 febbraio 2011, secondo quanto risulterebbe dal quaderno di bordo, l’uomo volò nuovamente sopra la zona e in quell’occasione notò dall’alto una cosa nera. Si trattava solo di un grosso sacco della spazzatura. Il testimone dunque sostiene che se vide quel particolare, avrebbe potuto notare anche il corpo della 13enne. La tesi del testimone è che se Yara fosse stata abbandonata subito in quel campo, sorvolando la zona dall’alto, il suo corpo sarebbe stato visibile; l’ipotesi che potrebbe farsi strada è che la giovane ginnasta sia stata uccisa altrove e poi abbandonata quando ormai era senza vita.

Per l’omicidio della 13enne è indagato Massimo Giuseppe Bossetti, 44enne muratore di Mapello che si trova in carcere dal 16 giugno scorso. Secondo il pm Letizia Ruggeri le tracce biologiche trovate sul corpo e gli indumenti della ragazzina combacerebbero con il Dna dell’uomo che si è sempre proclamato innocente.

Intanto la sorella gemella di Bossetti, Letizia Laura, ha denunciato di essere stata aggredita a calci e pugni da tre sconosciuti che l’hanno aspettata sotto casa dei genitori a Terno d’Isola. L’aggressione sarebbe avvenuta mercoledì 17 settembre “perché – sostiene la donna – difendo l’innocenza di Massimo“. Quello di due giorni fa sarebbe il terzo episodio di violenza subito da Letizia Laura Bossetti da quando il fratello è in carcere, dove rimane dopo che il gip ha respinto l’istanza di scarcerazione presentata dai suoi legali, Silvia Gazzetti e Claudio Salvagni. Secondo il giudice Ezia Maccora, infatti, a carico dell’uomo “rimangono gravi indizi di colpevolezza e il rischio di reiterazione del reato“.