“Mandare tutti in serie B non è estendere i diritti e le tutele”. Così, in un tweet, la Cgil torna sulla polemica sul Jobs Act, coniando un nuovo hashtag, #fattinonideologia con cui replica alle accuse del presidente del Consiglio Matteo Renzi, secondo il quale il sindacato difende le ideologie e non le persone. In un altro tweet il sindacato dice: “Basta insulti al sindacato: guardiamoci negli occhi e discutiamone”. La Cgil nazionale sceglie così il social network per dire la sua dopo il video messaggio di Renzi, in risposta agli attacchi arrivati dal segretario Susanna Camusso. La Cgil indica sei punti per la riforma del lavoro, o meglio sei “paletti”. Il primo, appunto, recita: “Non vogliamo che chi lavora possa essere licenziato senza una ragione”. Il secondo guarda invece alle spaccature all’interno del mondo del lavoro: “Mandare tutti in serie ‘B’ non è estendere i diritti e le tutele”. Segue il terzo: “Malattia e maternità: estendiamo a tutti i diritti e le tutele”. Con il quarto invece il sindacato della Camusso chiude alla possibilità di ‘declassamentì di qualifica: “Stesso lavoro, stessa retribuzione. No al demansionamento”. E ancora, con il quinto, la Cgil chiarisce la sua posizione sul contratto a tutele crescenti, a cui dice “sì” ma a patto che “si cancellano i tanti contratti che producono precarietà”. Da ultimo, “RiformaLavoro/6”, ricorda: “La regola più semplice: garantire la dignità di chi lavora”. Il sindacato di Corso d’Italia chiude la raffica di tweet con un interrogativo: “Da sempre ci battiamo per estendere diritti e tutele. Renzi vuole fare lo stesso?”.
Molto diverso l’atteggiamento della Cisl. Il segretario Raffaele Bonanni sembra voler scegliere ancora una volta una posizione autonoma dalla Cgil. “Penso che il presidente del Consiglio, nonostante le parole pesanti dette anche dai sindacalisti, faccia bene, il mio è un modesto e umile consiglio, a mantenere il profilo del premier del Governo italiano”afferma. “Non mi è piaciuto questo video contro tutti, i sindacati non sono tutti uguali” aggiunge. Il senso delle sue parole appare più chiaro alla luce della conferma che la Cisl terrà ancora “il profilo mantenuto in questa lunga crisi” e quindi non indirà alcuno sciopero insieme agli altri sindacati. Ed ecco l’attacco al segretario della Cgil: “Dico con buona pace della Camusso, che farebbe bene ad astenersi dal dire al premier che è come la Thatcher. Io mi devo rapportare con il mio presidente del Consiglio, piaccia o non piaccia, e ciò vale anche per lui”. Quanto all’articolo 18, per il leader della Cisl è “diventato un’ossessione” ma “agli imprenditori non frega nulla, il 95% aziende italiane sta sotto i 15 dipendenti e le poche migliaia di controversie sono risolte per la stragrande maggioranza attraverso la conciliazione. A me interessa che si faccia qualcosa per sostenere i più disagiati del mondo del lavoro. A me interessa capire se sia intenzione del Governo di finirla con l’area precaria più pesante che abbiamo nel Paese, di un esercito di giovani truffati, che non si risolverà con il contratto a tutele crescenti se non si aboliscono le false partite Iva, gli associati in partecipazione, i ‘cococo’ della P.A. e i ‘cocopro’, gente che non ha salario, che non ha previdenza, che non ha niente”. Tutti questi “nodi devono andare dentro il contratto a tutele crescenti, perché a quel punto ha senso. La Cisl è pronta ad ogni soluzione pur di arrivare a questo”. E la chiosa è un’analisi politica: “Io sono quasi imbarazzato perché non si è arrivati davvero ad una discussione” laddove lo scontro “tra Renzi e la Cgil è tutta una vicenda di partito. Camusso ha sbagliato, un sindacalista non si deve mettere nei meccanismi di partito. Questa storia ci sta portando alla rovina, non va bene”.
Dalle parti del governo interviene il ministro per la Pubblica amministrazione Marianna Madia: “Io penso che dobbiamo parlare di quello che è scritto nel disegno di legge Poletti dove c’è la riforma degli ammortizzatori sociali, dove il governo metterà risorse. Non l’ha fatto negli ultimi vent’anni nessuno governo neanche quando non c’era la crisi”. “C’è il salario minimo – ha aggiunto il ministro – La maternità per chi oggi non ce l’ha, c’è il contratto a tutele crescenti per chi oggi passa da una partita Iva ad un Co.co.co. Togliamo quindi lo spezzatino dei contratti e mettiamo il contratto a tutele crescenti. Quindi noi stiamo dando diritti a chi non ne ha”. Ad ogni modo il ministro si dice “stupito” della “reazione del sindacato”. “Se parliamo di quello che c’è nel disegno di legge – afferma – ci accorgiamo che abbiamo il salario minimo, le tutele per le madri, gli ammortizzatori sociali. Noi siamo contro lo spezzatino di contratti a cui sono sottoposti i giovani. Noi abbiamo dato subito 80 euro netti in busta paga a chi guadagna meno di un certo tetto. Queste sono le cose che il sindacato avrebbe dovuto chiedere non avversare”, ha aggiunto Madia. E se spunta la Camusso ora all’improvviso?, ha chiesto un giornalista. “Ci parliamo” ha risposto ridendo.
Ma dentro al Pd le opinioni sembrano di vario colore. Le minoranze sembrano rinsaldarsi per affrontare il dibattito interno. Non è solo la sinistra Pd, infatti, a lanciare segnali. A intervenire è per esempio Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera e “lettiano”. “Con i vaffa non si governa – dice – su un tema delicato come il lavoro confrontiamoci e troviamo una posizione condivisa. In una fase così delicata, discutere di lavoro evitando insulti e offese è un dovere di tutti, dei rappresentanti di istituzioni e sindacato” senza scegliere “lo scontro fine a se stesso”. “Va bene prendere i voti di destra convincendoli da sinistra ma se li convinciamo con politiche di destra allora c’è qualcosa che non va. E ricordiamoci che il conto prima o poi arriva”. Il riferimento è al “vaffa” di Renzi ai sindacati. “Capisco – osserva Boccia – la posizione del mio amico Corsaro, è una posizione coerente con la destra. Ma noi siamo la sinistra e il confronto lo difendiamo. Magari c’è chi lo considera poco trendy ma, in una fase così delicata, discutere di lavoro evitando insulti e offese è un dovere di tutti. I tempi per trovare una giusta mediazione ci sono, mi auguro non si faccia l’errore di chiudere la porta al confronto solo perché si preferisce la scorciatoia dello scontro fine a se stesso”.