"Ciò che scoprirai strada facendo, caro lettore, è che fra te e un comune pervertito ci sono molte più affinità di quanto immagini". Così lo psicologo americano Jesse Bering introduce e racconta l'evoluzione del verbo "pervertire" e del gusto sessuale, in ogni sua forma
Il tema è scottante, gli aneddoti roventi, ma bando ai pudori: con un titolo così, che la trama non sarebbe stata esattamente affine a un romanzo di Jane Austen ce lo potevamo aspettare. Perché malgrado la copertina rosa ciò che lo psicologo americano Jesse Bering ha da dire lo scrive nero su bianco in Perv: Viaggio nelle nostre perversioni (Ed. Utet).
Inutile fingere sdegno, scherno o superiorità. Del resto Bering introduce garbatamente la sua opera senza mezzi termini: “Ciò che scoprirai strada facendo, caro lettore, è che fra te e un comune pervertito ci sono molte più affinità di quanto immagini. Tuttavia, mano a mano che approfondiremo il viaggio alla scoperta di ciò che in segreto ci eccita o disgusta, ti sarà sempre più evidente che ognuno di noi ha una gamma di preferenze carnali unica quanto le sue impronte digitali”. Si apre allora una sfida ad armi pari, perché l’autore – che sin nelle prime pagine dichiara di essere omosessuale – non perde certo tempo a sdoganare quelle prime perversioni che hanno segnato la sua adolescenza (ma per scoprirle nella loro comicità, rimandiamo alla lettura del libro). Crocevia di saggistica antropologica e analisi scientifica – e con una buona dose di sarcasmo – questo volume spiega l’evoluzione di quel verbo, “pervertire”, che nel 1656, significava solo sconvolgere, sedurre o letteralmente “allontanare dalla strada giusta”.
Citando in voluto ordine sparso alcune pungenti argomentazioni, trova subito spazio il gusto sessuale in ogni sua forma. Pratiche e attitudini, indagini divertentissime ma anche esempi non proprio gradevoli da leggere (e ancor meno da immaginare), per concludere con un assioma: ciò che ha a che fare con il sesso è quasi sempre accettato solo in quel momento ben determinato. Ma il potere del pensiero è infinito, considerando come per un “oggettofilo” l’attrazione verso l’oggetto amato non sia legata al contatto fisico con la persona ambita. Per lui, l’obiettivo erotico è il medesimo oggetto (un “partner” sempre della stessa categoria), perché è profondamente convinto che sia proprio questo a ricambiare la sua attrazione erotica. Lo dimostra con alcuni esempi Eiffel, signora americana immortalata in un documentario durante un amplesso con l’omonima torre. E che in precedenza si era cimentata in una relazione dello stesso tipo con il Golden Gate Bridge.
Difficile semplificare poi i capitoli dedicati a sadismo e masochismo, o alla pedofilia, senza incorrere in ovvie minimizzazioni (aggiungendo che, nel primo caso, ancora una volta divertenti singolarità si alternano a curiosità per stomaci forti). Che l’intento sia comunque quello di un’imparziale analisi storico-sociologica, priva di qualsiasi fascino o ridicolizzazione è più che ovvio. Ma il sesso è ovviamente una questione di generi, con i suoi ben radicati cliché. Così, nell’epoca vittoriana si scopre come grandi medici cominciarono a diagnosticare la ninfomania nella “follia che viene dal ventre”, con tanto di valore scientifico sostenuto da cure ginecologiche.
Nel 1856, il dottor Storer ammonì così una povera giovane dal marito impotente e anziano: “Evitate la carne, non bevete brandy e rimpiazzate subito i cuscini imbottiti di piuma con qualcosa di meno voluttuoso, come il crine di cavallo.” Poco dopo, i giornalisti britannici spiegavano come individuare una pericolosa ninfomane in mezzo alle altre donne: ad esempio attraverso profumi e gioielli vistosi, mentre persino parlare apertamente di matrimonio poteva tradire libidinose inclinazioni (forse oggi più che allora, quei grandi luminari vedrebbero straripare gli argini dei propri studi).
E cosa dire del povero giovinetto afflitto da satiriasi che, cultore del genere femminile, si scopriva dedito alla malefica arte della masturbazione nel pieno dell’epoca vittoriana? Un consiglio l’aveva il dottor J. Harvey Kellogg, inventore dei ben noti cornflakes, che sul tema proponeva una saggia raccomandazione: la circoncisione (o in casi più estremi, la cucitura) senza anestesia. Lasciando spazio a qualche numero, Bering riassume poi in che modo una ricerca americana del 2010 (con dati in crescita) abbia dimostrato come ogni giorno vengano ricevute 2,5 miliardi di e-mail di pura pornografia, effettuate 68 milioni di ricerche a tema pornografico (lo stesso che definisce il 12% dei siti internet), mentre il 90% dei ragazzi tra gli 8 e i 16 anni ha visto online simili immagini “vietate ai minori”… per lo più “mentre faceva i compiti”.
E poi via, verso un carosello di fluidi corporei e gestualità, attrezzi inimmaginabili e confessioni psicanalitiche, bordelli popolati da giudici e preti, incesti all’ordine del giorno, libidinosi teratofili e ogni tipo di parafilia davanti alle quali un feticista del piede potrebbe sentirsi quasi banale. Infine solo pochissimi esempi di una normalità. Quindi, se mai questo libro dovesse tornare alla mente al bancone di un bar, in fila al supermercato o al tavolo di un ristorante, sarà impossibile guardare gli sconosciuti a fianco nello stesso modo.