L’incontro con Tiziano Renzi dice di ricordarselo bene. “Il nome era sinonimo di garanzia. E invece il padre dell’attuale presidente del Consiglio si è prestato al gioco. Anche se disse di essere solo un uomo di paglia”. Un gioco che Accursio Indelicato, imprenditore di Torino del settore immobiliare, sostiene gli sia costato 196.600 euro. Scandisce ogni singola cifra di quella somma mai più incassata, dovuta per il suo capannone a Solero (Alessandria). Lo aveva dato in affitto nel 2008 alla One Post spa, una società di spedizioni di cui era presidente Mariano Massone, indagato dalla procura di Genova insieme a papà Tiziano con l’ipotesi di bancarotta fraudolenta per il fallimento della Chil Post srl.

“Firmammo il contratto a giugno – racconta Indelicato – Mariano Massone prima disse di volere acquistare il capannone, poi capii che non aveva abbastanza soldi e glielo offrii in affitto. Aveva una certa fretta”. Un fretta che più tardi l’imprenditore ha capito essere probabilmente legata alla necessità di lasciare la sede di Alessandria, dove nel 2008 avevano fatto visita forze dell’ordine e ispettorato del lavoro nell’ambito di un’operazione per contrastare l’uso indiscriminato di contratti di collaborazione a progetto, in cui era rimasta coinvolta anche la società Mail Service srl, di cui Tiziano Renzi era stato socio fino a febbraio 2006.

“Dopo la stipula del contratto, mi hanno pagato solo due trimestri d’affitto. Poi basta, hanno smesso di pagare”. Si va avanti così fino all’inizio del 2010, quando Mariano Massone gli annuncia il subentro di Tiziano Renzi al posto della One Post e della sua volontà di acquistare il capannone attraverso la Chil Post, che allora era ancora in mano della famiglia Renzi: “Mariano Massone diceva di conoscere Tiziano da anni, di essere un vecchio amico del figlio Matteo”. Indelicato smette così di preoccuparsi per gli affitti non versati. Prepara il preliminare di compravendita e va all’incontro con il padre dell’allora sindaco di Firenze negli uffici della One Post. “Durante le strette di mano Tiziano Renzi fece una premessa. ‘Tanto io sono solo un uomo di paglia’, disse. Dimostrò di fidarsi totalmente del suo amico Mariano Massone e di trovare l’affare interessante e proficuo per entrambi. Quel giorno si parlò di prezzi e pagamenti. Il signor Renzi aggiunse di avere ancora bisogno di valutare alcuni aspetti legati alle sue società e alle modalità di pagamento”.

Passano i mesi e i trimestri non pagati. L’imprenditore però si fida, del resto gli hanno fatto incontrare uno come Tiziano Renzi. Nel frattempo One Post apporta delle modifiche all’interno del capannone senza chiedere alcun permesso. Ancora promesse sul versamento degli affitti in arretrato e sull’acquisto del capannone da parte della Chil Post. Poi gli ispettori del lavoro arrivano anche nel capannone di Solero. “A quel punto – ricorda Indelicato – mi sono deciso a mandarli via”. Massone libera gli spazi, promette di nuovo che rientrerà del debito. Ma a ottobre 2010 arriva la sorpresa: “Venni a sapere che tutte le quote di Chil Post erano state cedute dal padre di Renzi a Gian Carlo Massone, il padre di Mariano. Un signore anziano mi hanno detto, io non l’ho mai incontrato”. L’imprenditore torinese i suoi soldi non li ha più visti e, seguito dall’avvocato Alberto Pantosti Bruni, ha avviato una pratica di recupero crediti. Se oggi si fa una visura camerale su Mariano Massone, a suo nome risultano 34 protesti per un totale di oltre 170mila euro. One Post nel 2010 ha cambiato nome in Directa srl ed è fallita nel novembre del 2013. Il resto è sulle cronache di questi giorni, con i pm di Genova che indagano su un altro fallimento, quello di Chil Post.

Twitter: @gigi_gno 

Aggiornato il 21 settembre 2014

Aggiornamento dell’1 agosto 2016 – In data 30 luglio 2016 l’inchiesta per bancarotta a carico di Tiziano Renzi, nell’ambito del fallimento della Chil Post, è stata archiviata. Nelle motivazioni del gip del tribunale di Genova Roberta Bossi si legge che Renzi padre “non operò come socio occulto dopo la cessione del ramo d’azienda della Chil Post”. La bancarotta “fu determinata da altri” e “la cessione del ramo d’azienda non ha determinato la diminuzione del patrimonio ai danni dei creditori”.

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