Difficile dire che cosa succederà domani con l’ennesima votazione per i due membri della Corte Costituzionale che dovrebbero essere nominati dal Parlamento. A questo punto possiamo solo che i candidati non cambieranno e che, tuttavia, non è scontato che ce la facciano. La vicenda si espone a tre riflessioni e ad una proposta per uscire dall’impasse.
Prima riflessione. Mai come oggi appare la fondamentale importanza politica nella scelta dei giudici della Consulta. La Corte Costituzionale assume un ruolo sempre più decisivo, una volta entrato in crisi il sistema parlamentare. Invece di limitarsi al controllo di legittimità delle leggi, è infatti la Corte, oggi, ad essersi fatta direttamente legislatore. Il caso più evidente è quello della legge elettorale: un Parlamento incapace di prendere una decisione ha costretto la Consulta a fare lei stessa la legge elettorale (ed è probabile che si andrà a votare con quella), cosa mai accaduta prima. Analoga considerazione per la legge sulla fecondazione assistita, la n. 40 del 2004, che i giudici della Corte hanno rivoltato come un calzino, con il risultato che ora abbiamo la legge sulla fecondazione assistita decisa dalla Consulta. È evidente dunque l’importanza della decisione da prendere in questa fase della nostra storia.
Seconda riflessione. La difficoltà di esprimere solo due nomi, con un quorum molto elevato e con una votazione a voto segreto, non può che aumentare in presenza di un Parlamento in cui sono presenti tre grandi forze politiche, oltre a forze minori. Questo spiega il ricatto a cui è stato sottoposto il M5S: voto per Violante in cambio di un membro al Csm. Bene ha fatto il Movimento 5stelle a denunciare la cosa: se li votino loro i loro candidati, e se non c’è più il soccorso rosso possono sempre utilizzare quello azzurro. Ma anche così, non è detto che ce la facciano, a causa delle rivalità interne al Pd forse ancora più profonde di quelle interne a FI, la quale perlomeno il gesto di cambiare cavallo lo ha fatto, anche se sul cavallo prescelto la discussione si è già accesa. I leader insomma non controllano i propri parlamentari, che quando possono si fanno sentire. La natura della cosa avrebbe voluto che ci fosse una discussione in Parlamento su nomi di alto profilo per un posto di alto profilo, in una situazione istituzionale molto difficile, e invece si è pensato ad un gioco di bottega: uno a te e uno a me.
Terza riflessione. Dal gioco è stato escluso il M5S, ma qui non è chiara una cosa. Qual è il candidato del M5S? Il Movimento aveva avanzato alcune proposte formulate dai portavoce, ma per la verità non votate dalla base («non c’è tempo per votare in rete, ma abbiamo spiegato tutto sul blog di Beppe Grillo», avevano spiegato). Nelle prime votazioni alcuni di quei nomi sono usciti, ma nel corso dell’ultima votazione c’è stata una sorpresa: scheda bianca.
Una scelta che sta come ad indicare come il M5S sia disponibile a sacrificare i propri candidati, ma a patto che dal Governo arrivi una proposta che possa essere condivisa anche dal Movimento. Si tratta di un ragionamento di grande responsabilità, ma nomi non ne sono stati fatti, e si è ripetuto il ricatto: o mangi questa minestra o salti la finestra. C’è un modo per uscire dall’impasse? A questo punto basterebbe che Renzi scegliesse un candidato di grande prestigio che possa incontrare le simpatie pentastellate per ottenere il risultato sperato. Ed il nome, questa è la mia personale opinione, c’è: è Stefano Rodotà. Come dire di no dopo che la base lo ha presentato come candidato alla Presidenza della Repubblica?