La prima volta che mi occupai di Matteo Renzi su questo blog lo definii un Berluschino di riserva contro i lavoratori. Mi pare che queste innegabili caratteristiche del nostro presidente del Consiglio siano nel frattempo emerse e si siano palesate in pieno, tanto è vero che di recente perfino la cauta Susanna Camusso lo ha avvicinato a Madame Thatcher. E che, con le sue recenti bellicose dichiarazioni in cui afferma la necessità di “scelte violente” contro l’articolo 18, il nostro conferma la sua ambizione di diventare il lider maximo della lotta di classe a senso unico che le nostre classi dominanti conducono da tempo contro i lavoratori inerti e disorganizzati.
Vero è che, purtroppo, l’offensiva di Renzi contro i lavoratori è solo l’ultimo tassello di una campagna i cui inizi risalgono agli anni Settanta, quando padronato e classe politica decisero di scatenare la loro reazione alle conquiste ottenute negli anni dal 1969 al 1973, e che trovarono consacrazione giuridica nello Statuto dei Lavoratori. In tutti questi lunghissimi decenni i lavoratori hanno perso da tutti i punti di vista, in termini di potere d’acquisto e quota del reddito nazionale assegnata alle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, diritti e garanzie, poteri nell’organizzazione del lavoro e nell’orientamento degli investimenti, numero degli occupati e qualità dell’occupazione.
Ben poco hanno fatto i sindacati per contrastare questa offensiva e per opporsi alla spaccatura fra occupati stabili e precari. Su tale spaccatura si innesta oggi la demagogia renziana. La sua soluzione, proposta con la solita sfrontatezza, è molto semplice: per riportare tutti su di un piano di eguaglianza eliminiamo i diritti per tutti. Con il mano lo scalpo dei lavoratori Renzi intende conseguire un duplice obiettivo, acquistare maggiore credibilità in Europa, vantando una “riforma” all’insegna della feroce politica di classe che l’Europa vuole imporre nella drammatica e fallace illusione di risolvere in tal modo i suoi problemi. Coinvolgere a fondo le destre, di cui oggi più che mai si rivela un astuto infiltrato riuscito a conquistare il vertice di quello che fu un tempo, molti anni fa, il principale partito del lavoro.
Nulla invece sulle questioni serie, come quella fiscale, come rileva Alberto Statera su Repubblica – Affari e Finanza di ieri. A fronte dell’aumento impressionante delle diseguaglianze con il loro impatto devastante sia sulla democrazia che sull’economia. Anche lo Stato italiano del resto, come tutti i beni e i servizi pubblici, è in stato di progressiva ma inesorabile liquidazione.
La battaglia sull’art. 18 è in gran parte simbolica, ma ciò ne spiega il significato e l’importanza. E’ ridicolo pensare che gli investitori stranieri si precipiteranno in massa in Italia una volta liquidata quest’ultima vestigia dei diritti dei lavoratori subordinati. Se del resto si precipitano, lo è per fare man bassa, con pochi soldi, di quanto resta dell’industria nazionale, si veda cosa sta succedendo alla siderurgia. Si tratta, piuttosto, di un regolamento di conti con la vecchia guardia del Pd e i sindacati. Poco o nulla ci si può del resto aspettare da forze, a volte pateticamente litigiose fra loro e disposte a tutto pur di ottenere un qualche spazio, come la CISL di Bonanni. Ma non mancano le occasioni per riorganizzare il fronte del lavoro, come la notte bianca per la democrazia nei luoghi di lavoro promossa dall’Unione sindacale di base per il 14/16 settembre, le manifestazione dei lavoratori pubblici dell’8 novembre, quella convocata dalla FIOM per il 18 novembre e le mobilitazioni dei sindacati di base, nonché lo sciopero sociale dei precari previsto per il 24 novembre. E’ inoltre necessaria una rifondazione democratica dei sindacati storici, a partire dalla CGIL,
Vanno estese le garanzie anche ai precari, imboccando la strada diametralmente opposta a quella che Renzi vorrebbe percorrere. I poteri forti che lo hanno messo nella stanza dei bottoni vogliono farci credere che i problemi dell’Italia si risolveranno quando, nei posti di lavoro, resteranno solo robot umani senza diritti, senza potere e senza dignità, costantemente impoveriti e sottoposti al terribile ricatto del licenziamento e della disoccupazione. Questa peraltro è la strada che stiamo percorrendo già da tempo e che ci ha portato nell’attuale vicolo cieco. La crisi evidentemente non è tale per tutti e c’è chi anzi ha interesse ad approfondirla ed esasperarla. Cambiare verso per davvero significa restituire centralità e dignità al lavoro.
Quella per la difesa e l’estensione dell’art. 18 costituisce quindi oggi una battaglia importante. I giuristi democratici lo sottolineano nel loro comunicato di ieri che termina chiamando ” a raccolta tutti coloro che abbiano a cuore la difesa dei principi costituzionali in tema di diritto al lavoro, onde si realizzi una forte campagna di informazione dei cittadini e di opposizione alle recenti, annunciate iniziative del Governo in tema di lavoro”. Ovvio il collegamento fra difesa del lavoro e difesa della Costituzione, di cui, a norma del suo primo articolo, il lavoro è fondamento. Al posto del quale Renzi, come prima di lui Berlusconi, Monti e Letta, ne vorrebbero introdurre un altro: la finanza parassita e incurante del benessere effettivo della società e dei cittadini. Fermiamolo!
Fabio Marcelli
Giurista internazionale
Lavoro & Precari - 23 Settembre 2014
Articolo 18: Matteo Renzi, le ‘scelte violente’ e i nemici del lavoro
Vero è che, purtroppo, l’offensiva di Renzi contro i lavoratori è solo l’ultimo tassello di una campagna i cui inizi risalgono agli anni Settanta, quando padronato e classe politica decisero di scatenare la loro reazione alle conquiste ottenute negli anni dal 1969 al 1973, e che trovarono consacrazione giuridica nello Statuto dei Lavoratori. In tutti questi lunghissimi decenni i lavoratori hanno perso da tutti i punti di vista, in termini di potere d’acquisto e quota del reddito nazionale assegnata alle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, diritti e garanzie, poteri nell’organizzazione del lavoro e nell’orientamento degli investimenti, numero degli occupati e qualità dell’occupazione.
Ben poco hanno fatto i sindacati per contrastare questa offensiva e per opporsi alla spaccatura fra occupati stabili e precari. Su tale spaccatura si innesta oggi la demagogia renziana. La sua soluzione, proposta con la solita sfrontatezza, è molto semplice: per riportare tutti su di un piano di eguaglianza eliminiamo i diritti per tutti. Con il mano lo scalpo dei lavoratori Renzi intende conseguire un duplice obiettivo, acquistare maggiore credibilità in Europa, vantando una “riforma” all’insegna della feroce politica di classe che l’Europa vuole imporre nella drammatica e fallace illusione di risolvere in tal modo i suoi problemi. Coinvolgere a fondo le destre, di cui oggi più che mai si rivela un astuto infiltrato riuscito a conquistare il vertice di quello che fu un tempo, molti anni fa, il principale partito del lavoro.
Nulla invece sulle questioni serie, come quella fiscale, come rileva Alberto Statera su Repubblica – Affari e Finanza di ieri. A fronte dell’aumento impressionante delle diseguaglianze con il loro impatto devastante sia sulla democrazia che sull’economia. Anche lo Stato italiano del resto, come tutti i beni e i servizi pubblici, è in stato di progressiva ma inesorabile liquidazione.
La battaglia sull’art. 18 è in gran parte simbolica, ma ciò ne spiega il significato e l’importanza. E’ ridicolo pensare che gli investitori stranieri si precipiteranno in massa in Italia una volta liquidata quest’ultima vestigia dei diritti dei lavoratori subordinati. Se del resto si precipitano, lo è per fare man bassa, con pochi soldi, di quanto resta dell’industria nazionale, si veda cosa sta succedendo alla siderurgia. Si tratta, piuttosto, di un regolamento di conti con la vecchia guardia del Pd e i sindacati. Poco o nulla ci si può del resto aspettare da forze, a volte pateticamente litigiose fra loro e disposte a tutto pur di ottenere un qualche spazio, come la CISL di Bonanni. Ma non mancano le occasioni per riorganizzare il fronte del lavoro, come la notte bianca per la democrazia nei luoghi di lavoro promossa dall’Unione sindacale di base per il 14/16 settembre, le manifestazione dei lavoratori pubblici dell’8 novembre, quella convocata dalla FIOM per il 18 novembre e le mobilitazioni dei sindacati di base, nonché lo sciopero sociale dei precari previsto per il 24 novembre. E’ inoltre necessaria una rifondazione democratica dei sindacati storici, a partire dalla CGIL,
Vanno estese le garanzie anche ai precari, imboccando la strada diametralmente opposta a quella che Renzi vorrebbe percorrere. I poteri forti che lo hanno messo nella stanza dei bottoni vogliono farci credere che i problemi dell’Italia si risolveranno quando, nei posti di lavoro, resteranno solo robot umani senza diritti, senza potere e senza dignità, costantemente impoveriti e sottoposti al terribile ricatto del licenziamento e della disoccupazione. Questa peraltro è la strada che stiamo percorrendo già da tempo e che ci ha portato nell’attuale vicolo cieco. La crisi evidentemente non è tale per tutti e c’è chi anzi ha interesse ad approfondirla ed esasperarla. Cambiare verso per davvero significa restituire centralità e dignità al lavoro.
Quella per la difesa e l’estensione dell’art. 18 costituisce quindi oggi una battaglia importante. I giuristi democratici lo sottolineano nel loro comunicato di ieri che termina chiamando ” a raccolta tutti coloro che abbiano a cuore la difesa dei principi costituzionali in tema di diritto al lavoro, onde si realizzi una forte campagna di informazione dei cittadini e di opposizione alle recenti, annunciate iniziative del Governo in tema di lavoro”. Ovvio il collegamento fra difesa del lavoro e difesa della Costituzione, di cui, a norma del suo primo articolo, il lavoro è fondamento. Al posto del quale Renzi, come prima di lui Berlusconi, Monti e Letta, ne vorrebbero introdurre un altro: la finanza parassita e incurante del benessere effettivo della società e dei cittadini. Fermiamolo!
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Roma, 18 feb. (Adnkronos) - Martedì 25 alle ore 15.30 si svolgeranno le commemorazioni dell'Ambasciatore Attanasio e del carabiniere Iacovacci. Poi il primo punto all'ordine del giorno è la mozione di sfiducia a Daniela Santanchè.
(Adnkronos) - La sede opportuna, ha sottolineato Ciriani, "è il Copasir che è un organo del Parlamento e non del governo, ed è presieduto da un componente delle opposizioni. E' quella la sede in cui il governo fornisce tutte le informazioni del caso: oggi è stato audito Valensise, la settimana scorsa Caravelli e la prossima settimana sarà audito Frattasi. Da parte del governo non c'è alcun volontà di non dare informazioni, ma di darle nelle sedi opportune".
E anche sulla richiesta delle opposizioni di sapere se Paragon sia stato utilizzato dalla polizia penitenziaria, Ciriani ribadisce che saranno date "riposte nelle sedi opportune. C'e' un luogo in cui dare risposte e un altro luogo in cui non si possono dare, ma questo è la legge a disporlo, non è il governo". Infine viste le proteste dei gruppi più piccoli che non sono rappresentati nel Copasir, Ciriani ha ricordato che "è la legge che lo prevede, non dipende dal governo".
Roma, 18 feb. (Adnkronos) - Martedì 25 al mattino si terrà discussione generale sulla mozione di sfiducia al ministro Carlo Nordio. Lo ha stabilito la conferenza dei capigruppo della Camera.
Roma, 18 feb. (Adnkronos) - La conferenza dei capigruppo ha stabilito che domani dalle 18 votazione si svolgerà la chiama per la fiducia sul dl Milleproroghe. Le dichiarazioni di voto inizieranno alle 16 e 20. Il voto finale sul provvedimento è previsto per giovedì.
Roma, 18 feb. (Adnkronos) - Le opposizioni protestano con il governo e con il presidente della Camera Lorenzo Fontana sulla mancata interrogazione al question time sul caso Paragon. "Il governo si sottrae al confronto con il Parlamento. Siamo totalmente insoddisfatti sulle motivazioni apportate dal ministro Ciriani" che ha ribadito come il governo ritenga "non divulgabili" le informazioni sul caso, ha detto la presidente dei deputati Pd, Chiara Braga, al termine della capigruppo a Montecitorio. "E abbiamo chiesto anche al presidente Fontana di rivalutare la sua scelta".
"Il governo ha avuto l'atteggiamento di chi è stato preso con le mani nella marmellata: tutti hanno parlato, ma ora che abbiamo chiesto se lo spyware fosse utilizzato dalla polizia penitenziaria scatta il segreto...", osserva il capogruppo di Iv, Davide Faraone. Per Riccardo Magi di Più Europa si tratta "di un altro colpo alle prerogative del Parlamento. Si toglie forza a uno dei pochissimi strumenti che si hanno per ottenere risposte dal governo".
Roma, 18 (Adnkronos) - "Si tratta di informazioni non divulgabili" e come tali "possono essere divulgate solo nelle sedi opportune" come il Copasir. Lo ha detto il ministro Luca Ciriani al termine della capigruppo alla Camera a proposito delle interrogazioni al governo da parte delle opposizioni sul caso Paragon. "Da parte del governo non c'è alcun volontà di non dare informazioni, ma di darle nelle sedi opportune".
Milano, 18 feb. (Adnkronos) - "Sono molto sollevato per la decisione del giudice Iannelli che ha escluso la richiesta di arresti domiciliari a mio carico. Ciò mi permette di proseguire il mio lavoro di architetto e anche di portare a termine l’incarico di presidente di Triennale e di docente del Politecnico di Milano". Lo afferma Stefano Boeri dopo la decisione del gip di Milano che ha disposto un'interdittiva che gli vieta per un anno di far parte di commissioni giudicatrici per procedure di affidamento di contratti pubblici.
L'archistar è indagato insieme a Cino Paolo Zucchi e Pier Paolo Tamburelli per turbativa d'asta nell'inchiesta per la realizzazione della Beic, la Biblioteca Europea di Informazione e Cultura. "Ribadisco la mia piena fiducia nel lavoro della magistratura e non vedo l’ora di poter chiarire ulteriormente la mia posizione. Non nascondo però la mia inquietudine per tutto quello che ho subito in queste settimane e per i danni irreversibili generati alla mia vita privata e professionale" conclude Boeri in una nota.