Tra aprile e giugno del 2014 hanno chiuso 4.241 aziende. I tassi di crescita sono ovunque a doppia cifra a eccezione del Nord Est, in cui si registra un incremento del 5,5%, il livello più basso di tutto il territorio
Non si arresta l’impennata dei fallimenti. Nel secondo trimestre dell’anno, stando ai dati diffusi martedì dal Cerved, hanno chiuso 4.241 attività, un aumento del 14,3% rispetto allo stesso periodo del 2013. Nell’intero primo semestre i default hanno raggiunto quota 8.120 (+10,5%), record assoluto dall’inizio della serie storica risalente al 2001. L’analisi condotta dalla società specializzata nell’analisi del rischio di credito mostra come i fallimenti siano trasversali e riguardino tutta la penisola. I tassi di crescita sono ovunque a doppia cifra, ad eccezione del Nord Est dove l’incremento è limitato al 5,5%, il livello più basso. Quanto alle tipologie di azienda, l’incremento più sostenuto si osserva tra le società di capitale, che rappresentano i tre quarti dei casi di fallimento superando nel primo semestre quota 6mila. Minore invece il ritmo delle chiusure per le società di persone (+5,9%) e le altre forme (+1,8%).
Nel Mezzogiorno e nelle Isole i fallimenti salgono del 14% rispetto ai primi sei mesi 2013, nel Nord Ovest del 10,7% e nel Centro Italia del 10,4%. I recenti correttivi legislativi hanno fatto crollare le domande di concordato in bianco (-52%) e diminuire i concordati comprensivi di piano (-12,3%). In declino anche le liquidazioni che, con un calo del 10,3% tra gennaio e giugno, segnano un’inversione di tendenza a livello semestrale dopo un lungo periodo di incremento.
“Stiamo vivendo – commenta Gianandrea De Bernardis, amministratore delegato di Cerved – una fase molto delicata per il sistema delle piccole e medie imprese italiane: la nuova recessione sta spingendo fuori dal mercato anche imprese che avevano superato con successo la prima fase della crisi e che stanno pagando il conto sia al credit crunch sia a una domanda da troppo tempo stagnante”.