Non è in discussione che il Dna trovato sui vestiti di Yara Gambirasio appartenga a Ignoto 1, poi identificato in Massimo Giuseppe Bossetti, il presunto killer della 13enne di Brembate di Sopra (Bergamo). Lo dice Giuseppe Novelli, genetista e rettore dell’Università romana di Tor Vergata, al programma radiofonico “Effetto Giorno” su Radio 24. Per Novelli, il cui team ha partecipato alle analisi, “il test è accurato e certo: lo dimostra il fatto che dal Dna si è arrivati a identificare una persona di cui non si sapeva assolutamente nulla”. “Il dubbio è sulla natura biologica del campione trovato – prosegue Novelli – bisogna stabilire se sia sangue, sperma o urine. Ma l’identità è certa“.
Le dichiarazioni di Novelli arrivano dopo che lunedì 22 settembre è emersa la relazione del 2011 del Ris di Parma, riportata nell’istanza di scarcerazione presentata dai legali di Bossetti, Claudio Salvagni e Silvia Gazzetti, poi respinta dal gip di Bergamo Ezia Maccora. “Una logica prettamente scientifica – scrivevano i militari nelle conclusioni della relazione – che tenga conto dei non pochi parametri che si è tentato di sviscerare in questa sede, non consente di diagnosticare in maniera inequivoca le tracce lasciate da ignoto 1 sui vestiti di Yara”. Queste parole hanno convinto gli avvocati che non c’è alcuna certezza scientifica che proverebbe che il Dna trovato su Yara appartenga a Bossetti. Ma gli stessi Ris hanno chiarito che il riferimento è al liquido dove il Dna è stato trovato e non alla sequenza genetica che invece è “certa”. Scrivevano, infatti, i carabinieri che la prolungata esposizione del corpo di Yara alle intemperie (il corpo della tredicenne fu trovato tre mesi dopo la scomparsa, ndr) “ha indubbiamente procurato un dilavamento delle tracce biologiche in origine certamente presenti sui suoi indumenti riducendone enormemente la quantità, compromettendone la conservazione e modificandone morfologia e cromaticità, tutto a svantaggio di una corretta interpretazione delle evidenze residuate”.
Anche il gip di Bergamo, respingendo l’istanza di scarcerazione e in riferimento alla relazione degli specialisti dell’Arma, aveva definito “ottima” la traccia di Dna trovata sul corpo della 13enne uccisa il 26 novembre 2010 e ritrovata il 26 febbraio 2011, “essendosi conservata grazie al tipo di indumenti su cui è stata ritrovata, gli slip e il leggins, meno esposti e quindi più protetti dagli agenti esterni”. È quella traccia che i legali di Bossetti intendono contestare nel loro ricorso al Tribunale del Riesame di Brescia – che presenteranno giovedì 25 settembre – con altri elementi che il gip non avrebbe preso sufficientemente in considerazione. Gli accertamenti tecnici, per il giudice “non possono essere messi in discussione, in assenza di argomentazioni scientifiche contrarie”.