Le fondazioni? “Non è vero che vogliono comandare” nelle banche. E comunque se queste ultime, o almeno “le più importanti, stanno andando bene”, è “anche per merito degli azionisti”. Tra cui, naturalmente, le fondazioni. Parola di Giuseppe Guzzetti, classe 1934, sempreverde presidente della Fondazione Cariplo e dell’Associazione di fondazioni e casse di risparmio (Acri). Intervenendo in occasione della presentazione del volume ‘Fondazioni bancarie e nuova economia della cultura’, Guzzetti ha sostenuto che l’idea che gli enti vogliano fare il bello e il cattivo tempo nella gestione degli istituti “è una favola metropolitana. Noi con la nostra attività erogativa ci occupiamo di cultura, di arte, di servizi alla persona e di welfare”.
Visione ottimistica per più di un motivo. Sul fronte del “comando”, basta guardare quello che sta succedendo in Monte dei Paschi di Siena. Pur scesa in pochi mesi dal 33 al 2,5% nell’azionariato dell’istituto, infatti, la fondazione Mps non rinuncia a esercitare la propria influenza nella vita della banca attraverso il patto di sindacato sul 9% del capitale sottoscritto con il fondo messicano Fintech e la banca d’affari brasiliana Btg Pactual. Come dimostrato dalla decisione di aderire, per la propria quota, all’aumento di capitale che ha consentito all’istituto di scampare alla nazionalizzazione. Insomma: la massiccia cessione di quote iniziata nel settembre 2013, con la nomina di Antonella Mansi alla presidenza di Palazzo Sansedoni, è stata funzionale a evitare il fallimento dell’ente ma non ha affatto avuto come epilogo l’uscita definitiva dalla stanza dei bottoni. Peraltro le affermazioni di Guzzetti colpiscono ancora di più nel giorno in cui torna in libertà, pur con obbligo di dimora a Genova, Giovanni Berneschi, ex padre-padrone di Banca Carige arrestato in maggio per truffa ai danni dell’istituto stesso e del suo braccio assicurativo Carige Vita Nuova. Berneschi, al momento del fermo, era vice presidente dell’Associazione banche italiane (Abi) e della stessa Acri. I cui vertici all’inizio non esitarono a fare quadrato evitando di chiedergli un immediato passo indietro. Non solo: nella vicenda Carige la fondazione azionista ha pagato un pegno pesantissimo, e dopo aver chiuso il 2013 con un rosso di oltre 900 milioni di euro ha dovuto ridimensionare in modo drastico il proprio peso nell’azionariato della banca, ma non scenderà sotto il 12%.
Per quanto riguarda invece le erogazioni, il quadro è tutt’altro che roseo: nel 2013 gli enti di origine bancaria hanno distribuito a attività “di interesse pubblico e di utilità sociale” (il loro obiettivo statutario) solo 884 milioni contro i 965 del 2012. Di conseguenza sono diminuiti sia i fondi per attività e beni culturali (269,2 milioni contro i 305 dell’anno prima) sia quelli per assistenza sociale (119 milioni contro 124) e educazione, istruzione e formazione, a cui sono andati solo 105 milioni rispetto ai 144,8 del 2012.