Negli ultimi due anni ha impersonato un’eroina Marvel, un’aliena mangia-uomini e un sistema operativo vocale. Per completare questa serie d’inusuali trasformazioni fisiche e attoriali per una sex symbol, il 25 settembre Scarlett Johansson sarà al cinema per la prima volta in un film di Luc Besson. Questa volta nei panni di una ragazza dalle facoltà mentali strabilianti

Scarlett-Johansson-Lucy-1-640Cosa può succedere a una ragazza indifesa che rapita dalla mala di Taipei è costretta a portare nello stomaco ovuli di una potentissima droga? Se una busta si rompesse? È proprio così che le facoltà mentali e fisiche di Lucy esplodono incontrollate nel metro e sessanta di Scarlett Johansson sotto gli occhi increduli di Morgan Freeman – lo scienziato evolutivo a seguirne lo sviluppo. Il nuovo lavoro di Luc Besson è uno sci-fi imbevuto di action che amplia la galleria di eroine dure e pure nella sua filmografia. L’autore francese stila con la penna della cinepresa le emozioni di Lucy dalla danza di cellule in mitosi ai rimandi preistorici dell’inizio collegandole con metafore documentaristiche sui predatori della savana. Utilizza colori, narrativi e non solo, da una parte ironici, saturi, ma dall’altra quasi apocalittici. L’azione non manca, si è detto, ma è intorno al corpo in evoluzione di Scarlett che tutto ruota inesorabilmente verso un’iperbole cristologica troppo spesso intrapresa, ma qui dai toni tutto sommato più freschi.

Se il potere della mente portato dal normale 10% fino alla pienezza cambia pensiero, corpo e forze fisiche, il bacio tra Star e Studio System avvenuto negli ultimi due anni – e tra le loro labbra proprio la Johansson – trasforma il corpo dell’attrice in oggetto superumano, pericoloso, mostruoso, o addirittura invisibile. Risultati imprevedibili su una sex symbol quasi trentenne descritta volentieri con l’aggettivo burrosa e dal volto accarezzato spesso da spot dedicati ai profumi. Il massimo della femminilità viene così portato nel quadrilatero paradossale di quattro film che vedono Scarlett protagonista. E dei quali Lucy è solo l’ultimo.

Al fianco di Capitan America nel Soldato d’inverno è una spia sovietica letale. Seppur senza superpoteri apparenti, ma picchiatrice, assassina e maestra nel raggiro capace di tenere a bada bestioni colorati quanto potenti, Spike Jonze nel suo Her (Lei per l’Italia) utilizza uno smartphone come bacchetta magica per farne solo una voce. Suadente quanto sintetica. Un sistema operativo futuristico progettato per fare innamorare utenti come il grande Joaquin Phoenix che se la scarrozza romanticamente nel taschino. Per la prima volta una star scompare del tutto lasciando al pubblico soltanto la voce.

Curve gentili e sguardo magnetico prima avvolti in una tuta nera da agguerrita eroina, poi rinchiusi in un auricolare per un’interpretazione importante quanto originale riappaiono, ma taglienti e letali, in Under the skin. Tratta dal romanzo Sotto la pelle di Michel Faber, la storia è mutata durante gli anni di trattamento per la sceneggiatura in estatica e inquietante contrazione sull’inumanità di un’aliena predatrice inguainata nelle fattezze della Johansson. Il corpo attraente diventa uno strumento freddo come un’esca per le strade della Scozia, ambientazione del film di Johnatan Glazer. La dimensione della cattura sta in una stanza di nero laccato e silente come la pancia di un ufo. Pochi indizi allo spettatore per orientarsi nella narrazione: come le sette stelle dell’Orsa Maggiore per i nostri antenati, il regista regala pochi, logici ma atipicamente isolati indizi, riportando il pubblico alla condizione di preda muta. Di umanità osservata con distacco dalla mostruosa creatura dal volto di Scarlett. Poche parole e tutto marchiato a fuoco con l’assenza quasi totale di contatto fisico con gli adescati. Elemento qui distintivo che fucila ogni erotismo, sublimandolo. “Anche i mostri cambiano” sembrerebbero suggerirci l’attrice newyorkese e il suo regista. E sarà la chiave di volta di questo film strano e straordinario.

Il ruolo del fuochista a chiudere i quattro paradossi di un corpo/attrice celebrandolo con i suoi artifici spetta proprio al regista di Léon. Il magnetismo che emana Scarlett Johansson è simile, nella sua essenza primitiva e nel ruolo che l’immaginario le concede, all’esordiente Stefania Sandrelli di Salce e dei Germi. Ma cinquant’anni fa quanto sarebbe stato concepibile trasformare una gentil diva in una creatura onnipotente e letale? Magie del presente.

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