Il 12 ottobre per la prima volta si elegge il nuovo consiglio della Città metropolitana, ente nato dopo la riforma Delrio e che va a sostituire l'organo provinciale. I democratici e il centrodestra corrono uniti: "Si tratta di una scelta che permetta di scrivere lo statuto del nuovo ente a tutti". All'ultimo si presentano anche il Carroccio e i 5 Stelle
Festa rovinata per il “listone” a Torino. Nonostante lo strapotere del centrosinistra nella provincia, Pd e centrodestra saranno uniti in una lista, “Città di città”, per le elezioni del Consiglio metropolitano di Torino il 12 ottobre prossimo con l’intento di eleggere una “costituente” e realizzare lo statuto. Tuttavia due giorni prima della scadenza per la presentazione dei candidati il Movimento 5 Stelle ha consegnato 295 firme per poter partecipare con una sua lista di 11 candidati e rovinare la spartizione di posti. All’ultimo giorno disponibile si è aggiunta anche la “Lista civica alternativa” riconducibile alla Lega Nord.
E’ la prima volta che, dopo la riforma Delrio per l'”abolizione” delle Province , a Torino si va al voto per il nuovo ente di secondo livello la”città metropolitana“. Alle urne però vanno solo gli amministratori locali (elezioni di secondo grado) e così i partiti procedono alla spartizione delle poltrone all’insaputa di tutti. A inizio settembre democratici e centrodestra hanno raggiunto un accordo. Dietro questo patto “non c’entrano le sigle”, spiega a ilfattoquotidiano.it il segretario provinciale del Pd Fabrizio Morri: “Noi abbiamo proposto sin dall’inizio la creazione di una lista costituente poiché deve nascere un nuovo ente. Il primo compito del consiglio sarà quello di scrivere lo statuto ed è giusto che tutti partecipino, come quando è stata scritta la Costituzione”. Nessuna intesa su programmi futuribili, aggiunge. La spiegazione che arriva dal centrodestra è la stessa: “Non c’è nessuna valutazione programmatica e politica – ribadisce il coordinatore regionale di Forza Italia Gilberto Pichetto Fratin -. L’impegno è solo quello di scrivere le regole comuni perché tanto tra 14 mesi si tornerà al voto”. Nel 2016, infatti, i residenti del capoluogo eleggeranno il nuovo sindaco che per legge sarà pure a capo della Città metropolitana: “A quel punto noi spodesteremo Piero Fassino e controlleremo un territorio più ampio”, afferma Pichetto Fratin.
Per il momento però, come da riforma Delrio, la guida della città metropolitana spetta di diritto al primo cittadino di Torino, ovvero proprio Fassino. Morri sottolinea un altro punto a favore della lista “Città di città” e riguarda la rappresentanza dei territori. Dei 3.800 consiglieri comunali chiamati al voto molti sono stati eletti nelle liste civiche, slegati dai giochi di palazzo: “Abbiamo oltre 200 comuni sotto i tremila abitanti su un totale di 315 comuni. In questi casi la maggior parte dei consiglieri fa parte di liste civiche: noi facciamo una lista di candidati rappresentanti dei territori e degli interessi dei territori”.
In base al patto i quattro partiti si stavano accordando sulla suddivisione dei diciotto posti della lista (12 a Pd, 4 a Fi e uno rispettivamente a Ncd e Moderati), quando nella competizione si è inserito il M5S che potrebbe ottenere qualche poltrona. Nonostante abbia 92 consiglieri in tutta la provincia il Movimento è riuscito a raccogliere 295 firme (100 in più del dovuto) ottenendo il supporto di consiglieri eletti in liste civiche e in quelle legate al movimento No Tav in Val di Susa. “Per noi questo ente resta inutile, però dalla votazione on-line i cittadini ci hanno chiesto di partecipare alla scrittura dello statuto, quindi è chiaro che andremo a disturbare notevolmente il partito unico”, spiega Marco Marocco, che insieme ad altri ha curato la presentazione della lista. “Il nostro timore principale è che in futuro vengano tolte risorse dal resto della provincia per colmare l’enorme debito di Torino”.
Accordi tra centrodestra e centrosinistra sono stati fatti anche nelle piccole province di Asti e di Cuneo, dove ci saranno dei listoni unici. Nelle altre province al voto (Alessandria, Biella, Novara e Verbania) non sono stati fatti “inciuci” tra il Pd e le formazioni del centro-destra. Proprio questa mancanza di accordi bipartisan ha provocato il rammarico di qualcuno a Novara. È il coordinatore provinciale berlusconiano Diego Sozzani che parla di “un’altra occasione persa, un’altra occasione di guardare oltre il proprio orticello e pensare al bene del territorio andata in fumo”: “Quello che spiace che in questa fase definibile costituente, si poteva fare una unica lista apolitica, rispettosa della rappresentatività del territorio”, ha spiegato in un comunicato stampa.