“Non ci sono più le guerre di un tempo” commenta Luigi Contu di Ansa, in un breve collegamento a Skytg24 di mercoledì 24 settembre, in merito all’Isis. Verissimo, anzi, non ci son nemmeno più i terroristi di un tempo, e la confusione cresce a dismisura. Addirittura non c’è più consenso comune nel dare un nome al proprio nemico.

Fino ad oggi il presidente Obama ha discusso della minaccia mediorientale parlando di Isil. L’acronimo in inglese sta per Islamic State of Iraq and Levant. Resta un problema semantico che mi turba. Dove è sito esattamente il Levante? Questo termine richiama un’area geografica non definita con precisione che, generalmente, include una buona parte del Medio Oriente. Il tema è stato di recente ripreso da Chuck Todd in Meet the pressIl giornalista intervistando Obama parlava di Isis mentre il presidente ribadiva la sua ferma intenzione di eliminare l’Isil.
Una lettera può cambiare le sorti di milioni di persone? Sì.

Questa guerra, combattuta contro un esercito (definirli terroristi sarebbe limitante) di uno autoproclamatosi (ma non riconosciuto) Stato, è ancora più curiosa se si riflette sulla sua genesi. In tal senso le parole del senatore repubblicano Graham gettano ulteriore luce sullo scenario: “Noi (il governo Americano Nds) abbiamo fatto un grave errore nel non sostenere i ribelli siriani che combattono Assad. Il presidente siriano è divenuto forte grazie ad Hezbollah e i civili han accresciuto la loro disperazione. In questo scenario l’Isis appariva la soluzione migliore, per i sauditi, per combattere Assad. In sintesi il nemico del mio nemico è mio amico. L’errore commesso dai Saudi è che hanno sottovalutato l’agenda dell’Isis. Il regno saudita si è accorto troppo tardi che stavano supportando delle persone pronte a distruggere lo stesso regno. La ragione per cui i Saudi hanno supportato l’Isis è perché noi (l’America) non abbiamo supportato abbastanza i ribelli contro Assad”.

Resta poi il tema finanziamenti. L’Isil (uso questo termine conscio della definizione di Obama) ha preso molto seriamente il problema dei finanziamenti. Si può dire che hanno strutturato un sistema efficiente, arruolando ex contrabbandieri dell’epoca di Saddam e immettendo sul mercato barili di petrolio a prezzo da realizzo. Un compratore di rilievo appare essere la Turchia che condivide il confine con l’Iraq. Non esistendo delle pipeline adatte (tutte controllabili facilmente) i metodi di contrabbando riducono, per ora, i proventi dell’Isil.

In aggiunta al tema petrolio è doverosa una riflessione sui combattimenti di terra. Se fino ad ora vi è uno schieramento di volenterosi tutti disponibili a dare supporto ai bombardamenti, differente è il tema su quali nazioni metteranno in campo i soldati. Pensare di risolvere la cosa bombardando un esercito irregolare, armato con mezzi per lo più facilmente camuffabili e composto da unità poco numerose, è pura fantasia. Una forza di terra è necessaria. Fino ad ora si è fatta grande menzione dei Peshmerga, validi guerrieri fuor di ogni dubbio ma non soldati adatti per un’invasione. I curdi hanno interesse a difendere i propri confine ma appare difficile che possano essere dispiegati per un’azione sul territorio iracheno in prevalenza sunnita.

Una forza che potrebbe dimostrarsi valido supporto, e che a dir il vero ha già manifestato disponibilità a supportare il governo di Baghdad, è l’esercito iraniano. I pasdaran, a seguito della guerra Iran-Iraq, han una profonda esperienza delle dinamiche di guerra in territorio arido e sono estremamente strutturati. Tuttavia il timore di rendere la guerra contro l’Isil un fatto di sciiti (iraniani, siriani e governo iracheno) contro sunniti ha spinto il governo di Obama a escludere dalla conferenza di Parigi i principali Stati sciiti, rilegando il governo iracheno ad un mero ruolo di supporto e dispiegamento truppe (più che una scelta una necessità). Esiste anche il timore, non manifestato ufficialmente dal governo turco e dal governo iraniano, che il governo regionale curdo, a seguito dei suoi successi militari nel conflitto, possa ambire ad una nazione curda indipendente. Questo scenario, per quanto non supportato dal governo Usa, come ribadito dal senatore Graham, potrebbe innescare tensioni tra i gruppi etnici curdi stanziati in Iran e Turchia. Già ora il partito iraniano curdo (Iranian kurd party) dà pieno supporto ai Peshmerga.

Ha proprio ragione il direttore dell’Ansa: “Non ci son più le guerre di un tempo”.

@enricoverga 

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