Ci sono ormai “nuove ragioni di attualità e non rinviabilità dei problemi di riforma della giustizia”. Il presidente Giorgio Napolitano, nel giorno in cui il Tribunale di Palermo fa sapere che dovrà testimoniare al processo sulla Trattativa, ritorna a chiedere alla politica l’impegno di portare avanti il progetto di riforma del sistema giudiziario, fermo allo stato ai dieci punti del governo Renzi. E lo fa davanti al Csm, alla cerimonia di commiato del Consiglio superiore della magistratura, per cui il Parlamento ha fatto fatica a eleggere i membri laici.
Oltre alla “coincidenza” della decisione dei giudici di Palermo – che ritengono il suo intervento “non irrilevante” – è la spiegazione del Quirinale che però sorprende: “Questo è ormai un nodo essenziale da sciogliere per ridare competitività all’economia. Al Parlamento è affidato l’impegno di restituire efficienza ad una macchina giudiziaria lenta e caotica, il cui funzionamento è largamente insoddisfacente”. Insomma la giustizia va riformata non perché i processi durano anni, i detenuti in alcuni casi vivono in condizioni disumane, il Parlamento è incapace di introdurre il reato di autoriciclaggio nel codice penale e il testo proposto esclude di fatto evasori e truffatori, ma perché così si rilancia l’economia.
“Le esigenze di corretto, lineare, spedito funzionamento del sistema giudiziario sono apparse e – rimarca il capo dello Stato che ai giudici di Palermo ha fatto sapere che riguarda alla sua deposizione ‘che c’è un nodo da sciogliere’ – appaiano vitali al fine di dare le certezze e le garanzie di cui ha indispensabile bisogno lo sviluppo dell’attività economica e dell’occupazione, lo sviluppo di iniziative e progetti di investimento da parte di operatori pubblici e privati, italiani e stranieri. Questo è ormai un nodo essenziale da sciogliere per ridare dinamismo e competitività all’economia italiana”. Eppure per gli esperti di diritto, come per la corte dei Conti, sono i reati come l’evasione, la truffa, il riciclaggio e la corruzione sistemica a danneggiare l’economia italiana.
Il presidente poi ritorna sulla faticosissima elezione dei componenti laici del Consiglio superiore della magistratura: “Il Csm, nella sua componente togata, non è un assemblaggio di correnti”. Per cui sono dannosi “estenuanti, impropri negoziati nella ricerca di compromessi e malsani bilanciamenti tra correnti” prosegue il Quirinale ricordano il pantano in cui si è ritrovato il Parlamento prima di riuscire a eleggere i componenti laici. Ricordando il dibattito svoltosi nell’assemblea costituente, Napolitano ha sottolineato che “gli eletti del Parlamento e il vicepresidente del Csm scelto tra questi, valevano a ‘riallacciare’ – così si espresse il presidente Ruini- l’organo di autogoverno della magistratura ‘alla fonte popolare, ovvero alla rappresentanza generale della volontà popolare”.
“Di ciò – afferma ancora Napolitano – sono stati ben consapevoli, posso dirlo sulla base dell’esperienza da me vissuta nella nascita di due consiliature prima di questa che oggi vede la luce, i togati membri del Csm nel concorrere in piena libertà e autonomia, alla scelta del vicepresidente. E penso che negli ultimi quattro anni l’onorevole Vietti abbia ben corrisposto a tale consapevolezza, grazie alla sua complessiva esperienza politico-istituzionale”.