Anche se fa specie sentir dire che da oggi l’uomo colpevole di uno stupro completo potrà ottenere una pena ridotta, non è una sentenza della Corte di Cassazione che mi spaventa, ma la poca attenzione che certe emergenze sembrano avere in questo Paese. Anche mentre scrivo mi tocca fare la conta dell’ennesimo femminicidio. Nel genovese, un uomo di quarantaquattro anni di origini albanese, ha ucciso la moglie trentenne colpendola al cuore con due coltelli da cucina. Poi ha chiamato i carabinieri e ha detto di aver ucciso la donna perché lo tradiva e perché temeva che volesse portargli via i due figli di 3 e 4 anni che, al momento del delitto, stavano dormendo. Terribile.
Nel frattempo, come dicevo, la Cassazione ha annullato (con rinvio) la condanna di un 48enne accusato di violenza sessuale sulla propria compagna, avendola costretta a più e ripetuti rapporti sessuali completi. Il Tribunale gli aveva dato l’aggravante dello stupro con rapporto sessuale completo. L’imputato aveva presentato ricorso sostenendo che andava valutata la “qualità del gesto e non la quantità”. Ovvero, non può essere solo la circostanza del “rapporto sessuale completo” a rappresentare elemento di aggravante. La Corte di Cassazione sottolinea infatti che “così come l’assenza di un rapporto sessuale “completo” non può, per ciò solo, consentire di ritenere sussistente l’attenuante, simmetricamente la presenza dello stesso rapporto completo non può, per ciò solo, escludere che l’attenuante sia concedibile, dovendo effettuarsi una valutazione del fatto nella sua complessità”.
Il caso di Venezia, quindi, va ripreso in considerazione dal Tribunale competente e nel caso vanno concesse le attenuanti all’imputato. Tutto ciò verrà stabilito dai giudici nei prossimi mesi. Ma come ho già detto, anche se mi può dare la “pelle d’oca” e un certo ribrezzo (nei toni in cui è formulata) questa sentenza non mi spaventa. Sono le titubanze normative e le carenze del nostro apparato giuridico e amministrativo che più mi lasciano pensare.
Di recente è entrata in vigore anche nel nostro Paese la “Convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica“, presentata a Istanbul nel 2011 e allora ratificata anche dall’Italia. In questo documento è scritto chiaramente come si contrasta la violenza sulle donne ponendo l’accento sulla protezione e sulla prevenzione, prima che sulla punizione. Per cui, si potrebbe anche prescindere dalle attenuanti o meno da concedere al violentatore di turno, se naturalmente lo stesso fosse impossibilitato ad entrare in azione.
Ecco quindi che la Convenzione prevede anche momenti di formazione per l’apparato di polizia, quello sanitario e per le strutture giuridiche (magistrati e avvocati) di un paese. In molti sono concordi nel sostenere che una violenza su una donna debba essere in prima battuta “riconosciuta”, nel caso quindi anticipata ed evitata, alla peggio curata e quindi punita. Detto questo, pare che le linee guida siano chiare, ma cosa manca? In Italia, manca la concreta attuazione delle stesse e quindi la messa in pratica di principi che non rappresentano sottili bizantinismi, ma elementi che possono salvare vite umane.
Invece di tutto questo non c’è traccia. Oltre ai fondi stanziati contro la violenza di genere, e ripartiti a luglio tra le regioni italiane è necessario procedere alla piena attuazione del piano straordinario annunciato nel pacchetto di norme sul femminicidio emanato nel 2013. “Abbiamo bisogno – ha detto di recente il Presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini – di dare segnali concreti del nostro impegno“.
Un primo segnale potrebbe essere quello di riattivare un Ministero delle pari opportunità, senza che lo stesso sia semplicemente concesso in delega al Presidente del Consiglio, cosa che è attualmente dopo le dimissioni date dall’ex Ministro Josefa Idem. Potremmo così arrivare – ed è quello che spero – ad una situazione in cui una sentenza, come quella espressa in queste ore dalla Corte Costituzionale, possa fare meno notizia, perché in circolazione ci saranno meno notizie di donne violentate o uccise.