Su un campione di 2500 siti Internet, il 67% non è in in regola con il Codice. E considerata la totalità dei domini l’entità delle infrazioni, che riguardano soprattutto il trattamento delle informazioni e la relativa richiesta di consenso, "è potenzialmente calcolabile in alcuni miliardi di euro"
Altro che recupero dell’evasione fiscale. In teoria, basterebbe applicare con rigore la legge sulla privacy per rimpinguare le casse dello Stato con miliardi di euro. Un’indagine di Federprivacy, l’associazione che raggruppa gli esperti della tutela dei dati, rivela che due siti italiani su tre sono fuorilegge. Su un campione di 2500 siti Internet il 67% non è in in regola con il codice della privacy. “L’ammontare delle violazioni rilevate nell’arco di un solo mese è stimata intorno ai 24 milioni di euro – spiega il presidente di Federprivacy, Nicola Bernardi – ma la portata del fenomeno è molto più estesa perché i domini registrati presso Registro.it del Cnr sono a oggi circa 2,5 milioni. Questo significa che il campione analizzato equivale ad appena un millesimo dei siti italiani. L’entità di queste infrazioni è potenzialmente calcolabile in alcuni miliardi di euro”.
Il calcolo è del tutto ipotetico, ma i dati dello studio danno l’idea della difficoltà, o del disinteresse, delle aziende di fronte al problema della tutela dei dati che nel 2015 dovrebbe essere oggetto di una direttiva europea. La maggior parte delle violazioni riguarda l’obbligo di informare l’interessato su come saranno trattati i suoi dati personali (art. 13 del Codice della Privacy), mentre per il resto non viene rispettata la richiesta di consenso al trattamento dei dati (art.23). Sotto accusa sul fronte dell’informativa agli utenti ci sono soprattutto le piccole e medie imprese che nel 55% dei casi violano la normativa, ma qualche preoccupazione si avverte anche per il 17% dei siti web che svolgono attività in settori legati alla salute, trattando dati sensibili, come ospedali, cliniche, laboratori di analisi e studi medici.
Per il resto il 7% delle violazioni arriva da aziende informatiche come web agency, o società di consulenza per Internet che fra le loro attività hanno anche lo sviluppo dei siti per i clienti, il 6% da grandi aziende, multinazionali, enti pubblici, e siti legati ad artisti, politici e in generale a persone conosciute dal grande pubblico. La Pubblica amministrazione rientra nel gruppo con il 3% delle violazioni. Il problema però non è solo italiano. Un sondaggio realizzato da Compuware, società specializzata nella misurazione delle performance della tecnologia, spiega che il 43% di un campione formato da aziende europee (Italia compresa) e di Giappone, Australia e Stati Uniti non comprende chiaramente le leggi e le normative attuali sulla protezione delle informazioni.