“L’intervento degli Stati Uniti in Siria è una violazione del diritto internazionale”. Carla Del Ponte, attuale componente della Commissione Indipendente Internazionale di inchiesta sui crimini compiuti in Siria al lavoro dal settembre 2012 sotto l’egida dell’Onu, è netta: “È evidente, mancando la cooperazione del governo siriano (gli Usa hanno smentito di aver informato Assad, ndr), l’attacco americano a Raqqa è di per sé una violazione giuridica”, spiega al IlFattoQuotidiano.it il magistrato svizzero che da due anni ha assunto l’incarico umanitario internazionale assieme ai colleghi Paulo Sérgio Pinheiro, Karen Koning AbuZayd e Vitit Muntarbhorn, “il Consiglio di Sicurezza dovrebbe decidersi a procedere, la situazione è ovviamente aggravata dal fatto che l’intervento militare Usa contro l’Isis ha provocato decine di morti tra i civili, un’altra palese violazione dei diritti umani. Certo l’Onu fa quello che può, non ha la bacchetta magica. La soluzione politica non l’hanno trovata né l’inviato speciale Kofi Annan, né il suo successore, il diplomatico algerino Lakhdar Brahimi, ed ora è davvero complicato trovare qualcuno che ci riesca”. (Guarda il video)
Una situazione di politica internazionale intricata e complessa, a partire dalla definizione precisa di uno degli attori in causa, ovvero quell’Isis, autoproclamatosi stato “transnazionale”, o Califfato, difficilmente inquadrabile nella dottrina di diritto internazionale: “Esiste come gruppo terroristico e non come stato, ma il problema non è solo questo”, spiega Del Ponte, “Il conflitto siriano vede da una parte il governo in carica e dell’altro un’opposizione che in questi anni di conflitto interno si è trasformata, arrivando ad essere composta da almeno tredici fazioni differenti, in alcuni casi non solo in guerra contro il governo siriano ma perfino in guerra tra loro”.
Impossibile allora riuscire a raggiungere risultati concreti perfino per la Commissione d’Inchiesta, di cui fa parte la Del Ponte: “Continuiamo a raccogliere prove sulla violazione dei diritti umani in Siria, sia da parte governativa che dai ribelli, ma non riusciamo a identificare con certezza i colpevoli perché non possiamo entrare fisicamente nel paese. Il rappresentante siriano alle Nazioni Unite non collabora con la Commissione. O meglio: spesso mi dice che si fida di me ma non della Commissione. La soluzione non la vedo a breve termine”.
È dalla fine degli anni novanta che la Del Ponte si occupa di crimini di guerra internazionali, tanto che fino al 2007 è stata pm del Tribunale dell’Aja per i crimini commessi dai militari nella guerra jugoslava, pubblicando un libro sul lavoro fatto (“La Caccia” – Feltrinelli), nonché diventando presidente onorario fin dal 2003 del Festival di Diritti Umani in questi giorni in corso a Lugano. “Poco o nulla è cambiato dalla caduta del muro di Berlino. La situazione geopolitica di guerra fredda si è solo spostata in Medio Oriente (Russia, Venezuela e Corea del Nord sostengono il governo di Assad; Usa, Gran Bretagna e Francia l’arcipelago dei ribelli ndr). Se guardiamo alla Siria, allo Yemen, ma soprattutto all’Ucraina, in termini di violazione dei diritti umani, la situazione è quasi peggiore al 1989. In Siria manca la volontà politica di risolvere il conflitto. Ma soprattutto avremmo bisogno di stabilire oggettivamente colpe e colpevoli. Solo ottenendo giustizia si può arrivare alla pace”.