Il Pg Scarpinato chiede la produzione di nuove prove nel processo d'appello per il mancato arresto di Provenzano: più di 15 nuovi testi e documenti inediti. Chiesta la testimonianza del generale Arturo Esposito, attuale direttore dell'Aisi
Dodici nuovi collaboratori di giustizia, la deposizione dell’ex agente del Sid Mauro Venturi e quella del giudice Giovanni Tamburino, il fascicolo personale di Mario Mori al Sid e documenti fino ad oggi inediti come il Protocollo Farfalla: sono queste le nuovi fonti di prova che il procuratore generale Roberto Scarpinato ha chiesto di produrre al processo d’Appello per la mancata cattura di Bernardo Provenzano. Alla sbarra ci sono gli ex alti ufficiali del Ros Mario Mori e Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento a Cosa Nostra e assolti in primo grado nel luglio 2013. Adesso però la procura generale chiede di riaprire la fase dibattimentale: sull’ex alto ufficiale, la procura ha infatti raccolto nuovi elementi probatori. E con venticinque pagine di memoria, Scarpinato ha chiesto alla corte presieduta da Salvatore Di Vitale di allargare il quadro del processo: il mancato arresto di Bernardo Provenzano, localizzato grazie alla soffiata del boss infiltrato Luigi Ilardo in un casolare di Mezzojuso nel 1995, sarebbe soltanto uno degli episodi imputati alla condotta di Mori e Obinu. Nella memoria illustrativa con cui chiedono l’acquisizione delle nuove prove, Scarpinato e il sostituto pg Luigi Patronaggio ricostruiscono la carriera dell’ex generale del Ros: dagli anni al Sid, quando, secondo il racconto del maggiore Venturi, l’allora capitano Mori “eseguiva intercettazioni abusive sui suoi superiori, stilava esposti anonimi, alcuni dei quali redigeva recandosi nell’agenzia di stampa di Mino Pecorelli, direttore della nota rivista Op”, alla mancata perquisizione del covo di Riina nel gennaio 1993, alla fuga di Nitto Santapaola nel marzo 1993 da Terme Vigliatore dove era latitante, fino “alla mancata valorizzazione in sede investigativa delle rivelazioni ricevute dall’infiltrato Paolo Bellini circa i suoi colloqui con Antonino Gioè”.
In mezzo, secondo la ricostruzione dei pm, s’inserisce anche la condotta tenuta da Mori dopo il fallito attentato dell’Addaura ai danni del giudice Giovanni Falcone nel 1989. “Il generale – si legge nel documento – adombrò ufficialmente delle perplessità sull’accaduto dichiarando che un consistente numero di chili di esplosivo messo lì senza alcuna possibilità di deflagrare era una minaccia molto relativa e che aveva pensato ad un tentativo intimidatorio più che ad un attentato”. Il nuovo quadro disegnato da Scarpinato pesca a piene mani dal decreto di rinvio a giudizio stilato dal gup Piergiorgio Morosini per gli imputati del processo sulla Trattativa, che è a sua volta la diretta propalazione dell’inchiesta sui Sistemi Criminali, coordinata dallo stesso Scarpinato (all’epoca procuratore aggiunto) negli anni ’90 e poi archiviata nel 2001. Quell’indagine ricostruiva la strategia della tensione messa in atto nei primi anni ’90 dalle associazioni criminali, di comune accordo con pezzi deviati dei servizi, massoneria ed estremisti neri.
“Assume rilevanza probatoria in questo processo – scrivono oggi Scarpinato e Patronaggio – il fatto che invece il generale Mori, pur essendo venuto a conoscenza da fonti qualificate quali Paolo Bellini e Angelo Siino di taluni aspetti di tale complessa strategia della tensione, non solo non abbia svolto alcuna attività investigativa, ma neppure, tenuto conto della sua passata esperienza di uomo dei servizi e delle sue amicizie con esponenti della destra eversiva e della massoneria, si sia attivato per allertare comunque le istituzioni”.
Le richieste dell’accusa però non si fermano qui. Scarpinato e Patronaggio infatti hanno chiesto alla corte di ascoltare il generale Arturo Esposito, attuale direttore dell’Aisi, per verificare due passaggi fondamentali. Il primo è il già noto rapporto tra il pentito Sergio Flamia e i servizi, che lo avrebbero avvicinato in carcere dopo la sua decisione di collaborare con la magistratura. L’audizione dell’attuale direttore dell’intelligence italiana, però, serve anche a verificare un altro fatto fino ad oggi inedito: ovvero che “l’imputato Mauro Obinu fa attualmente parte dell’Aisi, seppure non con compiti operativi”. Oltre a Esposito, Flamia, Venturi e l’ex capo del Dap Tamburino (che negli anni ’70 indagò sulle trame nere della Rosa dei Venti), Scarpinato ha chiesto di ascoltare in aula altri dodici collaboratori di giustizia: Antonino Giuffre’, Gaspare Spatuzza, Leonardo Messina, Giovanni Brusca, Gioacchino La Barbera, Francesco Di Carlo, Paolo Bellini, Fabio Tranchina, Stefano Lo Verso, Filippo Malvagna, Maurizio Avola e Antonino Galliano. La prossima udienza è stata fissata per il 26 ottobre, quando dovranno esprimersi gli avvocati Basilio Milio e Enzo Musco, legali di Mori e Obinu: quindi toccherà alla corte decidere se ammettere o meno le nuove richieste dell’accusa. Richieste che allargano il quadro del processo sia dal punto di vista temporale, che sul piano delle condotte imputate all’ex generale del Ros.