La frase esatta pronunciata da Porro nella trasmissione Virus andata in onda giovedì sera anche negli Usa è: “Le imprese scappano perché l’Italia è il paese più sindacalizzato del mondo”. E poi ha fatto un esempio pratico di un titolare d’impresa che, volendo investire i suoi soldi da qualche parte, guarda l’Italia e si ritira inorridito dopo aver sentito in televisione la Camusso minacciare lo sciopero generale se qualcuno si azzarda a modificare l’art. 18.
Se questa pantomina l’avesse detta Crozza all’inizio di un talk show, ci saremmo potuti fare una risata, ma detta così non è satira è pura DISINFORMAZIONE, perché potrebbe essere anche vero che l’Italia è il paese più sindacalizzato del mondo (il che non significherebbe proprio niente sul piano delle opportunità di investimento) ma è assolutamente falso che le imprese scappino per questo motivo, e men che meno per causa dell’art. 18.
E’ già del tutto noto infatti che ci sono ben altri motivi a scoraggiare gli investitori seri in Italia, per esempio: la mafia, la ridicola legge berlusconiana sul falso in bilancio, i ritardi nella sburocratizzazione delle procedure per le autorizzazioni, l’impossibilità di avere in tempi decenti sentenze definitive in caso di ricorso alla giustizia. Tutti questi elementi pesano certamente molto di più che la paura dei sindacati.
Ma Porro ha “cucinato” una trasmissione interamente impostata a sostenere il suo tema centrale: “Dopo trent’anni ce la farà Renzi (imitando la Thatcher) a far passare il suo job act e… a far capire che il mercato è più importante del sindacato”? Ha detto “30 anni”, ma lo “Statuto dei Lavoratori” è del 1970, quindi ha quasi 50, ciò rafforzerebbe ancor più la sua tesi sulla obsolescenza della legge. Ma può una norma, specificamente pensata per proteggere i lavoratori da discriminazioni di ogni tipo, diventare obsoleta?
Teoricamente sì. Se il novello legislatore verificasse che non ci sono più discriminazioni nel nostro mondo del lavoro, potrebbe dire che è obsoleta e proporre a ragione la sua eliminazione in quanto inutile. Per fare la verifica basterebbe però vedere cosa succede nelle piccole imprese con meno di 15 dipendenti, dove l’art. 18 non ha mai avuto efficacia, e tutti vedrebbero che senza la tutela della legge e l’assistenza sindacale, le discriminazioni viaggiano a pieno regime, come 60 anni fa! Anzi, oggi, con la gravità di questa crisi, le discriminazioni sono anche in aumento, perché la paura di perdere il posto rende i lavoratori più disponibili a subire qualunque cosa, e gli imprenditori con minore livello di civiltà pronti ad approfittarne.
Porro però ha fatto una affermazione in puro stile lapalissiano dicendo che “il mercato è più importante del sindacato”. E’ ovvio! Infatti non sono mai girati tanti soldi nel mercato come al giorno d’oggi, però è come dire che la pioggia è più importante della siccità. Normalmente sì, ma troppa pioggia può fare persino più danni della siccità (in questa estate in Italia si è visto fin troppe volte).
Il sindacato in Italia non è nei consigli di amministrazione delle imprese, pertanto la sua funzione è solo quella di fare da elemento moderatore nell’impresa quando questa si appresta ad accelerare troppo sulla produttività e sul valore aggiunto al fine di competere nel mercato. Funziona quindi come i freni inibitori del nostro organismo (dolori, stanchezza, ecc.) che impediscono agli sportivi di fare sforzi eccessivi che metterebbero a rischio la loro salute e talvolta anche la vita.
Un lavoratore trattato bene e contento è un elemento utile non solo all’impresa ma a tutta la società civile. I sindacati perciò, e lo Statuto dei Lavoratori, sono un freno utile anche alle imprese per impedire che l’eccessiva competizione dell’impresa porti al degrado della qualità della vita dei lavoratori, con riflessi negativi sull’intera societa civile’.
Non è ideologia, è realtà concreta. Io vivo oggi negli Stati Uniti in uno Stato, il Texas, dove la presenza dei sindacati è quasi inesistente. Se ci sono, ci sono solo nelle grandi imprese e i lavoratori sono sfruttati come e più dei lavoratori europei degli anni 50-60. Qui quasi nessuno fa le ferie, perché anche quando ne avrebbe diritto, se le fa forzando la volontà del capo, quando rientra trova un altro a lavorare al suo posto (io l’ho visto fare di persona) e il capo, di solito, ha gioco facile senza un “art. 18” a sostenere che la causa del licenziamento è un’altra. Senza contrattazione aziendale ci sono a tutela dei lavoratori solo norme legislative, ma il risultato è che non ci sono permessi retribuiti, ferie, tredicesima, ecc. ecc.
Conviene ai lavoratori, presenti e futuri, stare senza i sindacati? Direi proprio di no. E se i sindacati sbagliano bisogna correggerli, non buttarli via.
Quindi Porro non deve dire che lo Statuto dei Lavoratori è vecchio, anzi dovrebbe direbbe che l’Italia è avanti su tutti gli altri di quasi 50 anni, non che ha norme obsolete, suggerendo a Renzi di imitare la Thatcher per eliminarle.
E con i mercati come la mettiamo? A quelli si che bisogna mettere un bel freno sugli abusi e sulle speculazioni, altro che ai sindacati!
Dallas, Texas