La coalizione occidentale guidata dagli Usa contro lo Stato Islamico ha un nuovo nemico. Il fronte Al Nusra, la branca siriana di Al Qaeda, ha minacciato apertamente i Paesi della coalizione che stanno conducendo raid in Siria: “Questi Stati, che hanno commesso un atto orribile, sono nella lista degli obiettivi delle forze jihadiste sparse nel mondo intero”. L’avvertimento di al Nusra è stato diffuso attraverso un video nel quale il protavoce del gruppo, Abu Firas al-Suri, definisce i raid come “una guerra contro l’Islam“. “Siamo impegnati in una lunga guerra che non finirà nel giro di qualche mese o anno, ma durerà decenni: siamo capaci di resistere”, ha aggiunto dice il portavoce nel video. Il fronte al Nusra, detto anche “fronte della vittoria del popolo di Siria”, si è formato alla fine del 2011 e è stato classificato come “terrorista” dagli Stati Uniti nel 2012. Intanto, il premier britannico, David Cameron, insiste sulla possibilità di estendere i raid aerei anche alla Siria.
Cameron: “Attacchi aerei in Siria legali e appropriati”. La Gran Bretagna potrebbe essere il secondo membro della coalizione anti-Isis a impegnarsi a portare avanti gli attacchi aerei su entrambi i fronti (Iraq e Siria). Il Primo Ministro, David Cameron, in un’intervista al Sunday Times, ha dichiarato che “esistono delle complicazioni ma non ci sono difficoltà legali” all’intervento. L’idea dell’inquilino del numero 10 di Downing Street è quella di mettere pressione sul Parlamento e sull’opinione pubblica. Già al tempo dell’ok ai raid in Iraq, il leader dei Conservatori inglesi aveva aperto alla possibilità di intervento anche nelle zone controllate dallo Stato Islamico nel paese del presidente Bashar al-Assad. Una proposta che aveva incontrato la dura opposizione della maggioranza dell’Assemblea britannica, pronta a concedere l’azione solo sui territori del nord dell’Iraq, e dell’opinione pubblica che mal digerisce l’idea di un impegno militare massiccio in Medio Oriente. Per poter ottenere un altro via libera ai raid anche in territorio siriano, però, ci sarà bisogno di un nuovo ok da parte della Camera dei Comuni. Non esclude l’idea di Cameron anche il ministro della Difesa, Michael Fallon: “”Non abbiamo ancora preso una decisione in proposito. E’ qualcosa che stiamo considerando. Vediamo come va la campagna militare, ma alla fine l’Isis deve essere sconfitto in Siria”.
Usa, raid contro raffinerie dell’Isis
Intanto, la coalizione guidata dagli Usa ha distrutto tre raffinerie di petrolio controllate dai miliziani dello Stato Islamico: i raid aerei di oggi si aggiungono a quelli effettuati tra giovedì e venerdì nella provincia del Deir Ezzor, nel corso dei quali erano stati colpite almeno 12 raffinerie. Negli ultimi due giorni, Usa e alleati hanno condotto 8 attacchi aerei tra Siria e Iraq. E Hadi Al Bahra, presidente della Coalizione Nazionale dell’opposizione siriana, controbatte l’intimidazione giunta dal fronte al Nusra in un’intervista a La Stampa: “I raid sono necessari perchè Isis avanza veloce. Più si aspetta, più il pericolo è maggiore per le giovani generazioni. Isis è la cosa peggiore che poteva accadere all’Islam – ha proseguito – e il regime di Bashar Al Assad, che ha contributi alla crescita dell’Isis, deve essere sconfitto assieme allo Stato Islamico”. Proprio la forza dimostrata dallo Stato Islamico hanno portato il 72% dei cittadini statunitensi, secondo un sondaggio condotto da Wall Street Journal e Nbc, a credere che prima o poi ci sarà un’intervento con truppe di terra da parte degli Stati Uniti, nonostante il presidente americano, Barack Obama, abbia escluso più volte questa possibilità.
Iran: “Pronti a intervenire se Isis si avvicina”
Non è ancora ufficiale ma anche l’Iran si è detto pronto a intervenire se le milizie dello Stato Islamico dovessero avvicinarsi alla frontiera. “Non permetteremo che si avvicinino”, ha dichiarato all’Irna il comandante delle forze di terra, Amhad Reza Pordestana. E il presidente iraniano Hassan Rohani ha aggiunto che gruppi come l’Isis hanno “un’unica ideologia, che è la violenza e l’estremismo, e hanno un unico obiettivo, ossia la distruzione della civiltà”. “Sono stupito che questo gruppo di assassini chiamino sé stessi ‘islamici” – ha proseguito il leader di Teheran – in agenda ci sono negoziati seri, che non sono risultato di sanzioni o minacce, ma della volontà della nostra gente”.
Turchia: “Inviare truppe di terra per creare una zona di sicurezza”
Confermato anche il maggior coinvolgimento della Turchia, che evoca perfino un intervento di terra. Un cambiamento di strategia da parte di Ankara: Erdogan ha invertito la rotta della prudenza solo dopo la liberazione degli ostaggi turchi in mano ai jihadisti. Il presidente turco ha detto al quotidiano Hurriyet di tenere in considerazione la possibilità di inviare truppe per creare una “zona di sicurezza” in Siria per i profughi in fuga dallo Stato Islamico. Così, dopo il sì del Regno Unito, la coalizione prende una forma sempre più ampia e consistente pur nella difficoltà di tenere insieme Paesi così diversi.
Cameron: “Raid in Siria legali e appropriati”
Il premier britannico David Cameron, in un’intervista rilasciata al Sunday Times, ha affermato che un’eventuale estensione dei raid aerei della Raf dall’Iraq alla Siria sarebbe “legale e appropriata”. “Ci sono complicazioni ma non difficoltà legali”, ha affermato. In caso, sarebbe necessario un nuovo passaggio dalla Camera dei Comuni: la mozione approvata lo scorso venerdi da Westminster, infatti, autorizza solo le missioni nei cieli dell’Iraq e non in quelli siriani.
Russia contro Stati Uniti
Coalizione in crescita, dunque, ma resta lontano l’eventuale appoggio della Russia. Il ministro degli esteri Sergei Lavrov che ha attaccato duramente gli Stati Uniti colpevoli, secondo lui, di “usare la forza unilateralmente per difendere i propri interessi”. Secondo Lavrov i Paesi Occidentali sarebbero solo presunti difensori della democrazia, della legalità e dei diritti umani perchè, in realtà, violano “la sovranità degli Stati, decidendo per tutti ciò che è bene e ciò che è male”. Secondo Lavrov la prima vittima della politica egemonica degli Stati Uniti sarebbe proprio Kiev e la crisi ucraina sarebbe frutto di un colpo di stato avvenuto nel paese con la connivenza di Stati Uniti e Unione Europea.